sabato 28 novembre 2015

fare per gli altri ciò che nessuno farebbe per noi

Scusate se sono un po' assente dai vostri blog, se non ho ancora risposto ai vostri commenti e se sono così incostante, ma è stata un'altra settimana densa, cominciata con una telefonata che mi riscuote dal sonno per invitarmi a presentarmi a scuola "il prima possibile" perché il mio contratto è stato prolungato fino al 5 dicembre e conclusasi con il ritorno di un'amica storica, quelle che anche se vedi di rado ti fa sempre piacere sentire ogni tanto, dopo un anno in Australia. In mezzo, un gesto eroico o folle, a seconda di come lo vogliate vedere: mi sono licenziata per essere presente alla laurea del mio migliore amico.
Qualche necessario chiarimento: il mio contratto non aveva possibilità di essere ulteriormente rinnovato perché dal primo dicembre nelle scuole pubbliche saranno in servizio gli ultimi immessi in ruolo, assunti senza che ci fosse una cattedra per loro ma come "tappabuchi", cioè con l'obbligo di starsene in sala insegnanti ad aspettare una supplenza oraria, una sostituzione di un paio di giorni o un ragazzino che ha bisogno del sostegno. Una situazione paradossale per cui una collega di trentanove anni che da precaria insegna inglese ora si ritrova a fare la riserva, benché di ruolo. Fatto sta che questi neo-assunti hanno (giustamente) la precedenza su di me, quindi ammesso che la prof che sostituisco decida di prolungare la sua malattia, io dovrei comunque lasciare spazio a chi ha più titoli di me, perciò nella più rosea delle ipotesi avrei potuto al massimo lavorare fino alla fine della prossima settimana. 
Punto secondo: i supplenti a tempo determinato non hanno diritto a nulla, neppure alla malattia. Il che significa che se ti ammali e devo necessariamente stare a casa il tuo contratto viene automaticamente estinto e può, tutt'al più, essere rinnovato a partire dal giorno in cui ritorni in servizio, perciò ferie non pagate e con la possibilità di essere licenziati perché si ha avuto l'ardire di prendersi un'influenza. 
Punto terzo: il 4 dicembre parto per un viaggio con il mio fidanzato, S. e il suo fidanzato, è il regalo che i fidanzati hanno fatto a me e alla mia amica per la laurea. Stiamo via per il ponte, nella città che più amo al mondo, ed abbiamo già prenotato un sacco di cose bellissime. Rinunciarvi sarebbe impensabile, e partire il 5 costa come il mio stipendio settimanale. Quindi avrei comunque dovuto licenziarmi il 4, e questo era già deciso.
Comunque, sono andata nell'ufficio della preside e le ho detto che avevo un impegno universitario fissato da mesi, una cosa importante per la mia carriera, e che avevo bisogno di almeno due ore di permesso, se non di tutta la giornata, ma lei è stata irremovibile, così le ho proposto di chiudere il contratto per, eventualmente, riaprirlo se non avessero trovato nessuno per sostituire una sostituta, ma il sostituto è stato trovato, dato che il giorno successivo una delle mie studentesse mi ha scritto un messaggio privato su Facebook chiedendomi di ritornare immediatamente, che in classe c'era una nuova supplente ma loro volevano me. 
Vi dirò che la mobilitazione degli studenti mi ha commossa: i ragazzi di quarta in consiglio di classe hanno detto che mi rivolevano, quelle di seconda hanno chiesto ai loro genitori di mandare una lettera al provveditorato per chiedere di avermi con loro per tutto l'anno e io mi sono sentita molto in colpa per averli abbandonati così, ma se fossi mancata alla laurea del mio migliore amico non me lo sarei mai perdonata.
Io sono quel tipo di persona. Quella che se S. chiama perché è stata lasciata dal suo fidanzato molla tutto e la raggiunge nel cuore della notte, quella che passa pomeriggi in biblioteca a studiare per un esame che non deve dare, solo per fare compagnia ad I., quella che si fa la notte in bianco per correggere la tesi di M. il giorno prima della consegna, quella che se un'amica chiama da Londra per dire che è in crisi nera dopo qualche ora è già in aeroporto, con due cambi, il cofanetto di Sex and The City e trecento grammi di gorgonzola. 
Se state pensando che sia pazza, probabilmente avete ragione. So che sbaglio, ma è una malattia atavica ed incurabile. Vi basti sapere che ho trascorso buona parte della mia festa dei diciotto anni a reggere la fronte alla mia amica M. che stava vomitando l'anima perché aveva avuto la bella idea di bere come un camionista bulgaro dopo aver preso l'antibiotico.
Io sono così. Sono sempre stata così, nonostante una lunga sfilza di delusioni abbia tentato di insegnarmi ad essere egoista. Sono sempre l'amica su cui si può sempre contare, sebbene tante volte mi sia ritrovata sola quando ero io ad aver bisogno di qualcuno.
E allora, direte voi, perché insisto? Perché continuo a dare tutta me stessa, se non ricevo mai in cambio nulla? Un po' perché è insito nella mia natura, come quella volta che L. stava per essere investita dal tram e il mio primo istinto, anziché gridare o trascinarla sul marciapiede, è stato di pararmi di fronte a lei. Un po' perché ogni volta mi dico che non può andare sempre male, che prima o poi incontrerò qualcuno che meriti questi gesti estremi perché farebbe altrettanto per me.
Ecco, I. è una di queste persone. Non è che lo pensi di tutti i miei amici più cari, se non sono diventata egoista almeno sono riuscita a diventare un po' più selettiva, e su alcuni di loro, per quanto possano volermi bene, non scommetterei neppure pochi euro. Ma con I. è diverso. I. è una di quelle persone con cui non ci sono filtri, né pudori. Non ho vergogna a farmi vedere struccata o in lacrime, a confessare le mie debolezze e le mie angosce, molto di più di quanto riesca a fare con L., che pure conosco da una vita e per me è una sorella (credo più che altro per una questione di diversità di caratteri, lei è una persona molto introversa e fredda e credo la imbarazzerei dicendole quanto bene le voglio) o con S., che è una delle persone più simili a me che conosca. E, sopratutto, I. ha la mia stessa propensione a fare di tutto per rendere felici le persone che ama, a costo di starci male lui.
Una delle nostre sere di profonde riflessioni e discorsi sull'amore e sul futuro abbiamo toccato anche questo argomento: il nostro problema, ci siamo detti, è che ci convinciamo che gli altri farebbero per noi quello che noi siamo disposti a fare per loro, ma nella maggior parte dei casi non è così, e noi ne soffriamo. Noi eroi romantici pronti a morire per le persone che amiamo e i nostri fidanzati persone splendide, che ci amano oltremisura, ma inguaribili egocentrici, che per inseguire i loro obiettivi non esitano a fare delle scelte egoiste, come il mio che accetta un lavoro che non gli permette di vederci tutti i giorni al posto di un altro a 900m da casa mia, come il suo che rimanda un viaggio insieme per seguire la sua relatrice a
Parigi.
Sono per altro piuttosto convinta che questo mio "difetto", di voler compiacere gli altri a tutti i costi, di volerli colmare di affetto al prezzo di svuotare me stessa, sia stato uno degli ingredienti della malattia. Nel periodo dell'anoressia speravo ogni giorno che le mie amiche venissero a trovarmi a casa, che cambiassero i loro piani del sabato sera per stare sedute sul letto con me, che mi tenessero la mano mentre provavo ad addormentarmi, come avevo fatto io tante volte con M., quando lei era malata. Ma loro non venivano mai, ed io annegavo nella mia solitudine. Non che se ne fregassero di me, mi scrivevano e chiamavano sempre, cercavano di spronarmi ad uscire, ma non arrivavano a fare per me quello che io avrei fatto per loro. Loro non sarebbero venute a Villa Margherita, sapendo di non poter entrare, solo per potermi scrivere "guarda che sono qui, sono vicino a te", come avevo fatto con M., lo sapevo benissimo, eppure non riuscivo a smettere di comportarmi nell'unico modo che conoscevo: dando tutta me stessa, in tutto, sempre.
L'anoressia era un modo per chiedere le attenzioni che io continuavo a dare agli altri, ma non ha funzionato. Ero arrivata a pensare di dover morire perché gli altri si accorgessero di me, e di quanto io avessi bisogno del loro amore, ma alla fine ho scelto di vivere e di uscirne. Sola, così come ci ero entrata.
Oggi è diverso, non sento più quel freddo dentro, quell'ansia dell'abbandono, la paura di non essere amata. Oggi so che se stessi di nuovo male come sette anni fa non mi mancherebbe il sostegno degli amici, eppure non ho ancora imparato a dosare l'affetto e a limitare lo spirito di sacrificio e ancora rimango la vittima perfetta per le delusioni.
Però oggi non ho rimpianti. Fare il viaggio con I., abbracciarlo prima della discussione e dopo, sapere di esserci stata mi fa sentire a posto con la mia coscienza. Forse tra vent'anni penserò che sono stata una cretina, forse invece sarò orgogliosa di quello che ho fatto, ma comunque non avrei potuto agire diversamente, è più forte di me.
E voi, qual è la più grande follia che abbiate fatto per un amico o per amore?

lunedì 23 novembre 2015

lavorare fa ingrassare - parte seconda

Ho lodato troppo presto il tempo libero, è evidente, perché subito dopo sono stata chiamata per una nuova supplenza. La situazione è molto diversa, questa volta: diverso l'ambiente - una scuola superiore, benché un professionale che gode in città di una pessima fama e quindi neppure questa volta insegno le mie materie d'indirizzo ma ancora italiano e storia - diverso il rapporto con i miei studenti - che sono più grandi e maturi e mi hanno presa da subito in grande simpatia, anche perché quella che sto sostituendo era nota nella scuola come una che non aveva voglia di fare nulla, ha perso moltissime lezioni e tutte le classi sono molto indietro nel programma - diverso il clima con i colleghi - che non mi trattano da ragazzina ma sono simpatici e molto inclusivi - e diversi gli orari - che, nella maggior parte dei casi, mi consentono di tornare a mangiare a casa. L'unica cosa che non è cambiata è l'impatto del lavoro sul mio metabolismo e sul mio peso: nella prima settimana ho preso un chilo, dopo che ero faticosamente riuscita a tornare a 60 e che avevo iniziato un programma di appiattimento della pancia in vista della laurea di I. a fine mese.
Mi sento gonfia, ingombrante e fuori luogo. Lo so che un chilo in più non può sfigurarmi a tal punto, e so che è tutta una questione mentale, ma mi sento a disagio nel mio corpo come non mi capitava dalla primavera scorsa ed è una sensazione che odio.
Speravo di ricevere un aiuto indiretto dalla visita col nuovo endocrinologo, confidavo nel fatto che mi desse qualche pillola magica per incrementare il lavoro della mia tiroide pigra e, di conseguenza, dare una svolta al mio metabolismo ma, dopo una lunga ed approfondita visita, anche lui, il dottor E. nel quale avevo riposto tutte le mie speranze, ha dichiarato che per ora non pensa di intervenire con dei farmaci perché, anche se i valori tiroidei non sono ottimali, tutti gli altri valori che dovrebbero risultare sballati di conseguenza (colesterolo, trigliceridi, glicemia...) sono perfettamente nella norma, anzi!, sono addirittura "perfetti, i valori che consigliamo ai cardiopatici".
Mi ha fatto un sacco di complimenti per questi esami del sangue perfetti e per il mio fisico allenato, che a riposo tiene il cuore sui cinquanta battiti al minuto, come se facessi sport a livello agonistico. E aggiunge, con nonchalance, che se il motivo per cui vorrei correggere il funzionamento tiroideo è solo il peso non ne vale la pena. Il mio BMI è normale e considerando la mia massa muscolare la percentuale di grasso nel mio corpo è davvero poca, non ha senso cominciare una cura ormonale "soltanto" per dimagrire.
Eppure per me ha senso. Per me non è solo il peso. Per me il peso conta più degli altri sintomi che dovrei avere - spossatezza continua, caduta dei capelli, eccessiva secchezza della pelle - per me il peso è l'unica cosa per la quale valga la pena di iniziare una cura. Perché sembra sensato soltanto a me? Perché gli altri non comprendono il disagio di dover costantemente combattere con un corpo che brucia troppo poco e che non funziona come dovrebbe? Perché la fanno tutti facile "è vero, l'ipotiroidismo sub-clinico rallenta il metabolismo, ma con tutto lo sport che fai non dovresti avere problemi".
Ma non capiscono che tutto lo sport che faccio lo faccio (anche) per tenere a bada un corpo che altrimenti esploderebbe? E non è crudele condannarmi ad una vita intera di allenamento ed esercizi quotidiani, pena un inarrestabile aumento di peso? "Fare movimento tutti i giorni fa benissimo, guarda che belle analisi che hai, un quadro clinico invidiabile" dice il medico, compiaciuto. Ma lui non ingrassa di un chilo se non ha tempo di fare almeno un'ora di ciclette, non gli si gonfia la pancia se per una settimana non fa addominali. A me piace allenarmi, dopo la ciclette e dopo gli esercizi mi sento meglio, mi rilassa e mi carica a seconda di ciò di cui ho bisogno, ma vorrei potermi allenare soltanto perché ne ho voglia, non perché ne ho bisogno. Un bisogno mentale, non lo nego, ma anche un bisogno reale, fisico, che mi impone di bruciare ogni giorno almeno la metà delle calorie che ingerisco.
E tutto questo per mantenermi sul mio peso attuale che sarà ottimale e tutto quello che sostengono i medici, ma che non è quello che voglio. So che posso essere più magra di così, so che c'è ancora del grasso da eliminare, oltre alla tanto decantata massa muscolare. Lo so perché ho un bel cappotto color cammello, taglia 40, comprato l'ultima volta che sono stata magra, che ancora mi tira sul seno e sulla pancia, e so che potrebbe starmi meglio, se solo perdessi quei tre o quattro chili, quei due o tre cm che impongono ai bottoni uno sforzo eccessivo.
Parlando di cose più frivole e leggere, sto valutando la possibilità di farmi la frangetta. La portavo, molti anni fa, quando avevo i capelli corti e mi piacevano i tagli geometrici, poi non l'ho più fatta, anche perché non vado volentieri dal parrucchiere e la frangetta ha bisogno di costanti cure e attenzioni, però ho voglia di vedermi con qualcosa di diverso quest'inverno e dato che non sono pronta a cambiare colore (mi piacerebbe un bel castano denso, caldo e uniforme, al posto del mio biondo cenere sfumato e un po' freddo) potrei lanciarmi sulla frangetta, che non è così irreversibile, dato che, mal che vada, nel giro di qualche mese si eliminerebbe da sola, anche perché credo che in estate sia particolarmente scomoda, con il caldo e l'abbronzatura.
Voi che rapporto avete con i vostri capelli? Vi piace cambiare spesso taglio e colore oppure, come me, siete delle abitudinarie scettiche e frequentate il parrucchiere solo per le grandi occasioni, ma vi limitate a qualche timida "spuntatina" o ad un'innocua messa in piega?
Un abbraccio a tutte, buona settimana!

mercoledì 11 novembre 2015

l'estate di San Martino

Da lunedì sono disoccupata. Libera, come ho detto ieri sera al mio migliore amico. L'ultima settimana è stata davvero pesante, perché dopo le quattro/cinque ore a scuola me ne toccavano altrettante di ripetizioni e questa settimana sarebbe stato ancora peggio, perché ho due allievi nuovi e ho tutti i pomeriggi impegnati, almeno quattro ore ogni pomeriggio. Lunedì ho finito alle otto, ieri alle sette e mezza, domani di nuovo alle otto: se avessi dovuto anche fronteggiare i barbari al mattino praticamente non avrei vissuto. 
E io, invece, voglio vivere. Non voglio che i giorni mi scivolino addosso, uno uguale all'altro, senza lasciarmi nulla. Voglio riempire la mia anima, più ancora di quanto desideri riempire il mio conto in banca. 
N.B. non sono avida, ma il proposito del 2016 è comprare casa col mio fidanzato, quindi sto cercando di mettere da parte una buona base da cui partire per il mutuo, perché voglio fare il più possibile da sola, senza l'aiuto dei miei genitori, nonostante loro mi abbiano promesso, come regalo di laurea, che contribuiranno alla realizzazione di questo nostro impegnativo progetto.
Questa mattina sono andata a fare una lunga passeggiata in uno dei miei posti preferiti, una pista ciclopedonale che costeggia il lago, un luogo che trovo sempre bellissimo e rilassante ma che in questa stagione dà il meglio di sé. Ho camminato con il mio cane, prima più veloce, con la musica nelle orecchie, poi più lentamente, al ritmo dei miei pensieri, cercando di seguire i fili contorti dei miei dubbi, senza rimanerne intrappolata. Mi sono seduta su una panchina tra le foglie secche di mille sfumature e mi sono tolta la felpa, lasciando che il sole scaldasse la mia pelle, mi entrasse dentro, sciogliesse il freddo che ancora sento ogni tanto, che nei momenti d'angoscia mi stringe la gola. Per pochi minuti ho goduto di una sensazione di pace totale e totalizzante, mi sono sentita bene, non ho pensato al futuro, alla ciccia, alla paura.
Far fruttare le mattine non è molto facile, perché i miei amici lavorano o studiano e quindi al mattino in genere sono impegnati, perciò mi sto dedicando alle grandi pulizie, cercando di eliminare le cose di troppo, vecchie o che non uso. Fare spazio nei cassetti mi ha sempre dato grande serenità, l'ordine delle cose rispecchia l'ordine dei miei pensieri e ho l'impressione che sia tutto più semplice, lineare, chiaro. Un tempo ero ossessionata dall'ordine e andavo in crisi se sulla scrivania c'era una penna fuori posto; oggi non è più così, ma ho conservato una certa passione per le attività di riordino.
Poi ho ripreso a fare esercizi quotidianamente: addominali, squat e esercizi per le braccia, oltre alla solita ciclette che non ho mai disertato, fedele compagna e alleata. Ho ricominciato solo da due giorni ma mi sento già più tonica, mi sembra di vedere la pancia più piatta, nonostante il peso non si schiodi dai 61kg. A questo proposito, sto cercando di stare sempre attenta a come/quanto mangio, ma il mio peso non ne vuole più sapere di scendere.
Non so dove stia sbagliando, seguo il regime alimentare suggeritomi dalla nutrizionista e non mangio (quasi) mai fuori orario, spero che adesso che non sono più costretta a mangiare fuori e/o di fretta il mio corpo si ricalibri in direzione dimagrimento.
Non l'ho mai fatto perché ho paura di condizionare negativamente qualcuno, ma vi propongo a titolo esemplificativo il mio D.A. di ieri, tanto per darvi un'idea di cosa intendo quando dico che mangio in maniera piuttosto equilibrata.

Colazione
Uno yogurt greco senza grassi (170 gr = 78kcal) e 25 grammi di cereali integrali (ca 90kcal).
Pranzo
75 grammi di pasta integrale (ca 280 kcal) al pesto (fatto in casa, un cucchiaio: ca 100kcal)
Cena
Contorno grigliato orogel (250 grammi, la confezione dice 68kcal ogni 100 grammi quindi poco meno di 200) con due grissini senza lievito (considerato che 100 grammi di grissino hanno circa 500kcal e che ad occhio e croce due grissini pesano 20/25 grammi facciamo 100)
Fuori pasto
Un calice di nebbiolo (ca 120kcal)
Sport: un'ora di ciclette + mezz'ora di tonificazione

  
So che il vino rosso è molto calorico e berlo fuori pasto fa malissimo, però ero fuori col mio migliore amico e mi sembrava di potermi permettere uno sgarro considerando quello che avevo mangiato durante il giorno. Cioè, a me sembra un DA abbastanza equilibrato, ma forse sbaglio inconsapevolmente qualcosa, quindi accetto critiche/consigli da parte vostra.
Era un po' che non parlavo di cibo e di peso in maniera così esplicita, e mi dispiace non esserne riuscita a fare a meno più a lungo, ma ho la sensazione che se riuscissi a ricominciare a dimagrire questo potrebbe essere davvero un periodo sereno per me. Sento che l'equilibrio e la pace sono molto vicini, li sfioro, eppure non riesco a raggiungerli. La cosa migliore sarebbe spezzare del tutto il legame tra il peso e il dimagrimento e la serenità, lo so, e ci sto lavorando, ve lo assicuro, ma per adesso non riesco ad essere pienamente in pace con me stessa senza rivedere il 5 sulla bilancia. 
Un bacio a tutte!

lunedì 2 novembre 2015

new month new mood

Sto continuando ad insegnare - mi è stato rinnovato il contratto per un'altra settimana, poi chissà - e intanto sono stata ammessa al master. L'ho saputo ieri sera, casualmente, mentre cercavo di scoprire come mi avrebbero notificato il risultato del colloquio, dato che non avevo ricevuto nessuna informazione in merito e così ho visto che nella mia pagina studente lo stato della mia domanda era passato da "in attesa di colloquio " a "immatricolabile". Mi hanno mandato un'email per avvertirmi, ma ad una casella dell'università che non apro mai, già venerdì pomeriggio. E dire che al colloquio, venerdì mattina, mi avevano detto che avrei avuto la risposta verso la fine di questa settimana! Adesso ho pochissimi giorni per immatricolarmi, altrimenti la domanda decade e devo rifare tutto daccapo. 
Eccolo il momento che temevo e aspettavo, il momento della scelta. E io ieri sera ho preso una decisione, anche se non riguarda di preciso che cosa fare nella vita - o, almeno, non solo. Ho deciso di non dire di no a nulla. Bella novità, penserete, dato che è esattamente quello che ho fatto fin'ora; è vero, ma la differenza sta nella consapevolezza: fino ad ora l'ho fatto per paura di rinunciare a qualcosa e pentirmene, per senso del dovere e per timore di sembrare ingrata, da adesso in poi voglio farlo con la voglia di sperimentare, il desiderio di misurarmi in cose sempre diverse e sempre nuove, deliberatamente.
Mi lascerò stupire da quello che mi capiterà. Dopo tanti anni passati a programmare ogni dettaglio della vita, ora il programma è non avere programmi: andare incontro al futuro senza sapere cosa mi aspetta.
Comincio questo master, mi trovo uno stage e vedo se questo campo mi piace. Se no, potrò sempre cambiare, e farlo sapendo a cosa rinuncio. Mal che vada, mi sono detta, tornerò sui miei passi e cercherò di entrare in qualche dottorato, avrò perso un anno o due, ma non sarà davvero perso, mi sarò comunque arricchita di esperienze nuove.
Magari, invece, scoprirò che quella che il master promette di aprirmi è proprio la mia strada, che mi appaga e mi completa, colmando quei bisogni rimasti insoddisfatti dal percorso universitario e procederò senza avere più dubbi del genere.
Per ora, quindi, il proposito è racchiuso in una frase dannunziana che sta scritta da anni, in mezzo ad altre piccole perle, su una bacheca nella mia stanza: "Non temere! Accogli l'ignoto e l'impreveduto e quanto altro ti recherà l'evento; abolisci ogni divieto; procedi sicuro e libero. Non avere ormai sollecitudine se non di vivere. Il tuo fato non potrà compiersi se non nella profusione della vita." 
Cerco di pensare, come mi avete suggerito voi, che essere aperta a tante possibilità sia un vantaggio, non un danno, che avere tanti interessi sia una virtù, non un difetto. 
Al colloquio, venerdì, le due esaminatrici si sono mostrate molto contente di questo aspetto, in realtà. Hanno chiamato "poliedricità" quella che io di solito definisco "confusione" e questo mi ha fatto molto sorridere, perché ho sempre pensato alle passioni che mi allontanavano dallo studio e dalla costruzione di un futuro accademico - i viaggi, la fotografia, la cucina, la moda - come a delle distrazioni, più che a degli interessi che fanno di me "un soggetto interessante", per usare di nuovo le parole della coordinatrice del master. 
Tutto sta nel cambiare approccio, quindi. Non mi sto lanciando nel vuoto senza paracadute, sto provando a volare, e sono pronta a tutto.
Un po' come quando in una città che vedo per la prima volta metto in borsa la cartina e vago senza meta, scelgo consapevolmente di perdermi per scoprire qualcosa che seguendo la guida non potrei trovare e mi meraviglio delle bellezze nascoste che si rivelano a chi abbandona le vie più battute. 
Stupiscimi, futuro che fai così tanta paura.
 Nuovo atteggiamento anche nei confronti del cibo. Cerco di mettere da parte la rabbia, anche se non pesavo così tanto da giugno e ogni mio tentativo di rimettermi in forma sembra essere vano, e ho prenotato la visita da un nuovo endocrinologo per capire se questo stallo è ancora colpa della tiroide e se si può fare qualcosa per farla lavorare meglio. Fino ad allora, cercherò di limitare gli extra e di fare tanto movimento, anche perché a fine mese si laurea il mio migliore amico e io ho in mente una mise che richiede una bella pancia piatta. 
Stavo anche pensando di iscrivermi in palestra per un mesetto o due, non appena finisco la supplenza, per riempire le mattine che avrò improvvisamente libere e per svuotare i fianchi troppo grossi. Tra l'altro andarci al mattino, in un orario impopolare, potrebbe anche essere un incentivo, dato che di solito a frenarmi è la vergogna di farmi vedere sudata, molliccia e flaccida in mezzo a gente che sembra uscita da una rivista di fitness e che si sottopone a sedute massacranti di tapisroulant mantenendo inspiegabilmente la messa in piega. 
Comunque cerco di cominciare questo mese col piede giusto, sperando che la noia e la tristezza, fide compagne, non abbiano presto il sopravvento. 
Un bacio a tutte!