mercoledì 27 maggio 2015

di costumi e obbiettivi da (non) raggiungere



Peso: 61,5 kg



La mia app di controllo del peso calcola che, mantenendo l’attuale ritmo di meno quattrocento grammi alla settimana, raggiungerò il mio obbiettivo in tre mesi e mezzo, giusto in tempo per la laurea. Tenendo conto degli inevitabili sgarri estivi e della lentezza con cui calo, mi ero posta come obbiettivo per quel giorno i 57kg, ma ora che non sono più così lontana – sia dai 57 che dalla laurea – non sono neppure più così sicura che il mio obiettivo sia davvero adatto al mio fisico.

Attualmente mi vedo ancora enorme, porto ancora una 40/42 (ma considerate che sono alta un metro e sessanta scarso) e sono ancora la più grassa tra le mie amiche. Basteranno cinque chili a farmi cambiare idea? Forse sono stata poco ambiziosa, ho scelto un obbiettivo mediocre, ho sopravvalutato il mio fisico sovrastimandone la massa muscolare. Quando ho ritoccato il mio obbiettivo originario, ch’era 50, pensavo infatti che 55 kg di corpo tonico e muscoloso equivalessero ai 45 di un corpo flaccido e provato dalla fame. Pensavo che avrei potuto rientrare, se non nella 36, almeno in una 38. Ho nell’armadio degli shorts a scacchini beige e testa di moro che aspettano dall’autunno 2012 di essere sfoggiati di nuovo, per esempio.

Sarà che mi ero fatta troppi castelli in aria lo scorso anno, quando raggiungere i sessanta chili mi sembrava un’utopia e riguardavo con malinconia le foto dell’estate 2012, l’ultima estate nella quale sapevo di essere stata quasi presentabile in costume, e pesavo circa 62kg. Ora peso come allora ma non mi vedo affatto presentabile in costume: ho le maniglie dell’amore, i cuscinetti di grasso sul sedere e i soliti, maledetti, coscioni.

Sabato ho persino comprato il primo costume dopo anni passati ad evitare di doverne provare sotto le luci impietose dei camerini di Calzedonia o Yamamay. Sono stata spinta dalla necessità, domenica c’era in programma una festa in piscina per il compleanno di un amico del mio fidanzato e mia madre sosteneva che dovessi andarci con un costume nuovo, ché gli amici di A. mi vedono sempre con gli stessi costumi (come se io mi ricordassi i loro costumi, per altro!) e mi sono fatta convincere a comprarne uno color corallo, principalmente perché ha il pezzo sopra super imbottito e almeno non devo sopportare l’orribile vista delle tette separate da un’autostrada di pelle pallida come mi capita con i bikini ‘normali’. Ovviamente l’entusiasmo di sabato domenica era già sfumato e ho vissuto una mattina d’angoscia temendo il momento in cui mi sarei dovuta denudare davanti agli amici di A., con i quali non mi trovo molto bene, e per di più ai colleghi dell’amico di A., gente mai vista che mi avrebbe etichettata come “la balena col costume in tinta con la borsa” (perché, sì, questa è la seconda ragione per cui ho accettato di comprare un costume color corallo.). Devo aver davvero impietosito gli dèi perché dopo una mattinata serena col sole a picco, subito dopo pranzo il cielo si è riempito di nuvole minacciose e alla fine nessuno s’è messo in costume.

Comunque non potrò avere sempre una simile fortuna. Né potrò sempre beneficiare delle spiagge deserte della Sicilia, dove potevo esporre la mia ciccia senza timori. Si cominciano a scoprire le piscine, ho già dribblato un invito al mare per questo weekend con la scusa – neanche troppo scusa, poi – della sessione d’esami imminente, e comunque tra due mesi vado al mare con A.

Vorrei almeno, per allora, togliermi di dosso questo sessanta e recuperare un po’ di tono. E intanto valuto se chiedere alla nutrizionista di rivedere il nostro ‘goal’. Potrei arrivare a 53, magari anche a 51, nel corso del prossimo inverno.

Non ho fretta. Anzi, forse, come ho confidato a Sybil, ho persino paura di raggiungere davvero il mio obiettivo e di ritrovarmi senza più alcuno scopo nella vita. Sono anni che penso solo a perdere peso, è in questo che ho speso la maggior parte delle mie energie e in questo ho riposto la maggior parte delle mie speranze. Quando sarò magra sarò felice. Quando sarò magra sarò sicura di me. Quando sarò magra smetterò di lamentarmi di tutto. Quando sarò magra…

E se invece scoprissi che erano solo illusioni? E se, come del resto è già successo la prima volta che ho raggiunto – e abbondantemente superato – il mio obbiettivo di peso (allora fissato a 50, poi ritoccato a 45 e poi ancora a 40), mi rendessi conto che sono triste allo stesso modo, soltanto in una gonna più piccola? E se mi sentissi ancor più inutile di ora, senza neppure un obbiettivo per cui lottare?

Che poi, so benissimo che pesare 50 chili è proprio uno scopo del cazzo, nella vita, e che dovrei pensare a laurearmi, a trovare un lavoro, a comprare una casa e ad essere felice, ma raggiungere il peso desiderato mi viene così bene, e mi sembra di non aver mai voluto nient’altro con la stessa determinazione con cui mi batto per quel numero. Tutto il resto è secondario, è un palliativo.

Ho una visione del mondo distorta, la scala delle priorità ribaltata. Se c’è un palliativo, quello è proprio perdere peso: perdere peso per non dover pensare a cosa fare ad ottobre, perdere peso perché non mi devo preoccupare dell’ignoto, so esattamente cosa fare e come farlo, perdere peso perché è così rassicurante.

Per me avere un peso da raggiungere è un bisogno necessario, qualcosa che mi tiene in vita, per certi versi. È un po’ come avere sempre un viaggio già prenotato da aspettare, un conto alla rovescia sempre attivo che mi dia qualcosa da attendere mentre mi barcameno tra le mille noiose cose quotidiane.

Sono la negazione vivente del carpe diem. Io non godo mai dell’oggi, m’importa solo del domani o, meglio ancora, dell’ieri.
 Baci a tutte!


venerdì 22 maggio 2015

il paradosso di amare la vita solo dopo averla vissuta

Peso: 62,2kg

Chi di voi mi ha tra i contatti di Facebook avrà notato che mi piacciono molto le foto. Più farle che farmele fare, in realtà, ma dopo che scatti foto tutto il giorno ai tuoi amici capita che loro vogliano "sdebitarsi" scattandone qualcuna anche a te. E anche se in foto non mi piaccio mai - ho sempre le braccione, il naso a becco d'aquila e la pelle bianca e molliccia che sembra fatta di crescenza - il più delle volte me le lascio scattare. Penso a quando le riguarderò e potrò così alimentare la mia perenne nostalgia.
A volte ho l'impressione di vivere dislocata su piani temporali separati, mi penso spesso al passato, come se mi guardassi agire da un futuro più o meno lontano. Mi spiego meglio: spesso riesco a vivere appieno alcuni momenti, ad apprezzarli fino in fondo, solo perché penso a quanto mi mancheranno quando saranno ormai passati; mi sembreranno tutti più belli, quando su di loro si sarà depositata la patina dorata del tempo. Così mentre scatto le foto penso a quando le riguarderò e riesco a dare valore al presente solo immaginandolo come già passato.
Qualche anno fa la mia università si fece garante di un progetto dell'Accademia della Crusca che invitava ogni studente ad "adottare" una parola desueta e ad usarla, affinché non morisse. Doveva essere una parola che avesse senso per ognuno di noi, ed io scelsi l'aggettivo "misoneista", detto di chi odia le novità, ed è sempre teso verso il passato, come Orfeo che si gira verso l'Ade a cercare con lo sguardo la sua Euridice.
Io sono così: mentre mi trovo immersa in una situazione non ne vedo che i lati negativi, i limiti, le pecche, ma basta che passi qualche mese ed ecco che mi tornano alla mente solo le cose belle. Mi guardo indietro e penso alle serate con gli amici, ai viaggi con il mio fidanzato, agli aperitivi con mia mamma, quei piccoli momenti di confidenza tra donne così lontane eppure così vicine, e mi viene da chiedermi: ma io dov'ero mentre mi succedeva tutto questo? Perché la mia vita mi sembra sempre così inutile e monotona, triste e vuota (università-lavoro-studio-ciclette-pesarmi-apatia) finché non mi fermo a guardarla a ritroso?
Oggi ho seguito l'ultima lezione della magistrale. La mia carriera da studentessa universitaria è finita, e mi sembra iniziata a volte ieri, a volte vent'anni fa. Ho amato questo posto, ho conosciuto persone stupende, le persone che sono arrivate più vicino al mio cuore, alle quali riesco a confessare paure che a volte non rivelo neppure a me stessa, e ora, ecco, mi tocca consegnare questi cinque anni alla memoria. Vorrei riviverli di nuovo, riviverli meglio, sentirli belli come li vedo ora, accettare gli inviti che ho declinato, seguire i corsi che non ho seguito, andare più spesso a pranzo con R., rivedere i chiostri illuminati nelle fredde sere invernali, prendere una cioccolata dopo un pomeriggio di studio, e poi aspettare la primavera, e l'estate, e cominciare un nuovo anno accademico i primi giorni d'autunno, sbagliare a compilare il piano di studi, sparlare di alcuni professori e innamorarmi di altri.
Sono stati gli anni più belli della mia vita, ma lo posso dire solo ora, perché ora nulla può più intaccarli, sono al riparo dai colpi bassi del presente, sono salvi, nella perfezione del passato. Perfectum è ciò che è stato compiuto, ed è perfetto perché è già concluso.
Non è un paradosso pensare di aver vissuto gli anni più belli e allo stesso tempo pensare di non vivere mai davvero? E non è una beffa sapere che gli anni più belli della mia vita li avevo qui, fino a qualche ora fa, e non mi sembravano niente di speciale e ora che so che non siederò più tra quei vecchi banchi mi sembra che non possa esserci niente di più bello al mondo? E non è assurdo aver passato cinque anni a desiderare di laurearmi e ritrovarmi ora a pensare che darei qualsiasi cosa per ricominciare tutto daccapo ad ottobre, ma solo a patto di incontrare di nuovo gli stessi amici, e con la promessa di vivere tutto più intensamente, per non avere mai più rimpianti?
È un post confuso e fin troppo oscuro, me ne rendo conto. Ho lasciato scorrere il flusso dei miei pensieri ed è andato più lontano di quanto avessi in origine programmato, ma forse è questo il segreto della pienezza della vita: andare oltre il programmato. Come quando ricominciavo a mangiare e cerchiavo in fucsia sul calendario i giorni in cui avevo superato i miei limiti (prima le 513 calorie, poi 799, poi 913, poi 1111...) ed ero soddisfatta, anche se lo capivo solo a fine giornata. Forse dovrei ricominciare, dovrei cerchiare i giorni in cui riesco ad andare oltre i miei limiti, a stupire me stessa facendo qualcosa diverso da quello che ho stabilito, mangiando un gelato fuori orario, riuscendo ad assaporare il presente senza aspettare il futuro o rimpiangere il passato. 
Scusate per il flusso di coscienza senza capo né coda, vi abbraccio tutte.
P.S.
In Sicilia è andata bene, anche se il tempo non è stato sempre clemente. Ho mangiato cose che voi umani non potete neppure immaginare: arancini fritti e unti, pasta a cena, brioche con gelato a colazione. Io, che ordino sempre il carpaccio scondito e aborro i carboidrati a cena. Forse in vacanza uno spirito s'impossessa del mio corpo!
Ma sono riuscita a sentire il gusto di tutto ciò che mangiavo e sto cercando di continuare su questa strada. Vorrei vedere il 59 per metà giugno, ma soprattutto voglio stare un po' meglio rispetto ai mesi scorsi.

giovedì 14 maggio 2015

cosa porto con me, cosa lascio a casa



Peso: 62,1 kg

Ultimi ritocchi alla valigia.

Porto con me:
·         Vestiti estivi, ché ieri sera sono uscita con I. e sembrava luglio, con i locali che hanno messo fuori i tavolini e le ragazze con i vestiti svolazzanti senza calze e tutte le gelaterie aperte fino a tardi.
·         Un ombrello, perché per domenica danno pioggia. Una mia amica oggi mi ha detto di non credere alle previsioni, ma sapete che io odio l’ottimismo a oltranza.
·         L’entusiasmo della prima volta che sono andata in Sicilia, ormai cinque anni fa, con gli amici dell’università che all’epoca conoscevo da poco e ad ogni passo era una scoperta – l’autista del pullman che non vuole farci pagare il biglietto perché è festa, i proprietari del b&b che vanno a comprare per noi i biglietti del teatro, i camerieri del ristorante che ci fermano mentre torniamo in albergo e ci portano a vedere la spiaggia di notte, con I. che ha paura che vogliano stuprarci e fuggire con i nostri soldi. Ormai conosciamo quel posto come le nostre tasche, abbiamo esplorato in lungo e in largo i dintorni, sappiamo già dove andremo a pranzo, dove a cena, ma per la prima volta vengono con noi i nostri fidanzati e sarà come se anche noi tornassimo lì per la prima volta, perché li porteremo a vedere tutto ciò che noi conosciamo già e voglio provare le stesse sensazioni di cinque anni fa, la stessa meraviglia gioiosa di allora.

Lascio a casa:
·         La bilancia, con tutto ciò che comporta. Non voglio pensare alle calorie, all’olio, al fritto, ai carboidrati. Voglio mangiare con il piacere di mangiare, ordinare le mie cose preferite ed assaggiarne di nuove, fare incetta di pesto al pistacchio e ricotta salata da contrabbandare al nord e dimenticarmi di essere grassa, per qualche giorno.
·         L’ansia di queste ultime due settimane, la paura di stare sbagliando di nuovo, l’angoscia di essere risucchiata nel vortice. I periodi no possono capitare e desiderare di digiunare non significa essere di nuovo anoressiche, non devo farmi prendere dal panico.
·         Il disgusto per me stessa. Non mi piaccio, non mi apprezzo, non mi basto mai, ma devo prendermi una pausa da quest’odio per me stessa, o finirà per travolgermi. Non posso passare la vita a pensare a quello che non so fare, devo concentrarmi su ciò che faccio ed ho fatto di buono.
È quello che è venuto fuori dalla chiacchierata con I. di ieri sera e dalla preparazione solitaria della valigia di oggi. Spero di non aver già cambiato mood prima di domani mattina, ma per adesso voglio essere carica e fiduciosa. Voglio pensare a questi quattro giorni di mare come ad un premio per non aver ceduto alle lusinghe della malattia, per non aver mai digiunato, nonostante non sia riuscita a vedere il 61 che tanto desideravo. Posso vincere i miei desideri, controllare gli istinti malati. È questo il controllo che voglio, adesso.
Buon weekend bellissime, e grazie per il vostro preziosissimo sostegno!
Vi voglio tanto bene!

martedì 12 maggio 2015

l'unico pericolo che sento veramente è quello di non riuscire più a sentire niente

Peso: 62,7 kg

Tra tre giorni parto e non ho raggiunto l'obiettivo che mi ero prefissata. Volevo pesare 61kg per la mia prima apparizione al mare e invece ne peso 62 e passa. Poco male, potreste (a ragione!) osservare voi. È solo un chilo, chi è che fa caso ad un chilo in più o in meno? Io, ovviamente. Soprattutto se questo non-risultato è l'esito di due settimane di protratta ed involontaria restrizione. 
Non ho più fame. Peggio, non sento più il sapore dei cibi. È una sensazione che già provavo, quella di non riuscire a distinguere il gusto di ciò che metto in bocca, come se le mie papille gustative fossero anestetizzate, ma solo quando mangiavo da sola. Non è stato sempre così, ovviamente, ma ormai andava avanti da un annetto e ci avevo fatto l'abitudine, avevo cominciato persino a pensare che fosse un ottimo antidoto contro il pericolo delle abbuffate: che senso avrebbe sfondarsi di focaccia e gelato quando per me hanno lo stesso sapore dei cavoli bolliti e del primosale?
Avevo raggiunto, insomma, una sorta di equilibrio: approfittavo dei pasti da sola per mangiare cose ipocaloriche e scondite e mi conservavo gli sfizi per pranzi e cene in compagnia. Un buon compromesso che mi ha consentito di perdere più di dieci chili in maniera sana e controllata.
Ora, invece, questa incapacità di sentire il gusto dei cibi - che ha anche un nome tecnico, si chiama ageusia - si è estesa anche alle situazioni in cui prima ero immune. Tutto ciò che assaggio ha un sapore indistinto che assomiglia a quello del riso che è rimasto troppo tempo in un tupperware: un misto di plastica e colla, e mi sembra tutto freddo, anche se è appena stato tolto dal fuoco.
Il cibo, mia croce e delizia, ha perso la sua attrattiva. Mangio meccanicamente, solo perché devo mangiare. So che devo stare attenta a non farmi fregare: è fin troppo facile reagire all'ageusia smettendo di mangiare, è praticamente inevitabile - se non mi dà alcun piacere, se, anzi, non provo altro che un leggero fastidio, perché mangiare? Per di più mi sento subito piena, bastano un paio di cucchiai di yogurt o una fetta di prosciutto, e sono già sazia. Potrei cogliere la palla al balzo, dice una voce in fondo alla mia testa, e digiunare fino a venerdì. Che saranno mai, un paio di giorni a bere solo caffè? Anni fa andavo avanti per settimane con questa "dieta": un caffè a colazione, uno a metà mattina, uno per pranzo, due a metà pomeriggio e qualche cucchiaino di Philadelphia a cena. E perdevo mezzo chilo al giorno, ogni giorno. Potrei perdere questo chilo odioso in due giorni, è un calcolo così semplice.
Ma non posso cedere a quella voce, se scendo a compromessi oggi come farò a resisterle domani? Se salto il pranzo un giorno posso saltarlo di nuovo, e poi ancora, e ancora.
Così ieri, nonostante avessi detto a mia mamma di non aspettarmi per pranzo, ché sarei rimasta tutto il giorno in biblioteca a studiare con I., sono tornata a casa all'una e mezza, perché avevo bisogno di essere costretta a mangiare. Ad aspettarmi c'era un piatto di insalata di riso, l'ho diviso in due porzioni quasi identiche e ho mangiato la più piccola delle due. Non sapeva di nulla, nonostante ci avessi messo un cucchiaino di maionese - quanto mi piace(va) la maionese! Soprattutto quella fatta a mano, la nonna del mio fidanzato fa un'insalata russa divina con la maionese fatta in casa - ma ho mangiato la mia porzione di riso e ho messo a tacere la voce insistente che mi ricordava che erano tutte "calorie inutili", come sono solita definire le calorie mangiate controvoglia.
Ho paura. Ho paura di precipitare in un vortice dal quale sono già uscita a fatica più di una volta. Mi sento impotente, come se io non avessi alcun ruolo in questo spettacolo e fossi costretta a guardarmi agire, senza riuscire a salvarmi da me stessa. Eppure è un copione che conosco a memoria: il cibo è come un caro amico con cui hai passato tante serate che all'improvviso non si fa più sentire, sulle prime tu lo cerchi ancora, vorresti recuperare il bel rapporto che c'era tra voi, ma dopo un po' ti abitui a farne a meno, la tua vita continua anche senza di lui, finisci per dimenticarti quanto fosse bello trascorrere tanto tempo insieme, ti illudi addirittura che avevi sopravvalutato la sua importanza e che in fondo rientrare nella 38 è l'unica cosa che conta davvero. 
Vi capita mai di avere questa sensazione? Come se steste guardando un film di cui conoscete già il finale e vorreste mettere in pausa perché quel finale non vi piace, ma allo stesso tempo provate una sorta di gioia perversa nel rivederlo, perché sapete esattamente tutto ciò che succederà e potete prevederlo con millimetrica precisione?
Ecco, io mi sento così. Vacillo su un punto-di-non-ritorno che ho più volte attraversato in passato e tentenno, incerta sul da farsi. Da una parte provo a trattenermi, ma l'istinto mi dice di provare. Un'ultima volta, dai, solo per vedere se sono ancora in grado di provare certe sensazioni o se sono davvero guarita. Posso fare una prova: se sono guarita digiunare non mi provocherà alcuna soddisfazione, e potrò smettere subito.
Ma poi ci ripenso. A me non importa (più) nulla di vedere le ossa bucarmi la pelle, né di andare a letto con i crampi allo stomaco per la fame. Lo giuro, non è per questo che sono andata dalla nutrizionista, non è per questo che le ho chiesto di insegnarmi a mangiare il giusto. Oggi tra l'altro avevo appuntamento da lei, mi ha ritoccato la dieta, mi ha ricordato di mangiare proteine prima di fare sport, e abbiamo stabilito di fare la bioimpendenziometria prima di luglio, per vedere quanti chili posso perdere ancora senza arrivare a bruciare il muscolo anziché il grasso. 
Le ho detto che in questo periodo non ho mai fame e lei mi ha rassicurata dicendomi che potrebbe essere il caldo. Vorrei che fosse il caldo, vorrei essere sicura che basteranno questi quattro giorni via, in uno dei miei luoghi del cuore, con i pistacchi e i tramonti sul mare, a ridarmi la sensibilità che ho perso. Perché non m'importa nient'altro, l'unico pericolo che sento veramente è quello di non riuscire più a sentire niente.

mercoledì 6 maggio 2015

dca, tiroide e gravidanze, ovvero come rovinarsi con le proprie mani

Peso: 63 kg
 
Molte di voi mi hanno chiesto se le difficoltà nel perdere peso non possano dipendere da problemi a livello della tiroide, ai quali per altro ho già accennato diverse volte, e siccome la situazione è un po' complessa da spiegare in poche righe ho pensato di dedicarle un post, anche perché riguarda collateralmente anche la spinosa questione della sterilità, che prima o poi ad ogni anoressica (o ex anoressica) tocca affrontare.
Dunque, ho cominciato a controllare periodicamente la tiroide circa un anno fa, perché non riuscivo a dimagrire, mi sentivo spesso stanca e nella mia famiglia ci sono diversi casi di ipotiroidismo. Fin dai primi controlli è risultato che il livello del mio TSH, l'ormone tiroideo, è piuttosto alto - con qualche picco verso l'alto e qualcheabbassamento , per tutto quest'anno si è mantenuto tra 5 e 6 (per darvi un'idea, il massimo accettato è 4 e qualcosa, ma una ventenne in salute dovrebbe averlo intorno all'1!), il che significa che la mia tiroide è costretta a produrne in eccesso perché da sola non riesce a lavorare bene - e, su consiglio della nutrizionista, ho iniziato a prendere degli integratori di iodio che dovrebbero aiutare la tiroide a lavorare meglio e che tutt'ora non saprei dire, dopo mesi di cura, se funzionino davvero o siano solo un placebo.
A dicembre la mia ginecologa, conoscendo anche i miei trascorsi con i dca, mi ha suggerito di vedere un endocrinologo e cominciare la terapia farmacologica perché, sostiene, dosaggi ormonali sballati, sommati al lungo periodo di sottopeso e alle successive importanti oscillazioni di peso, potrebbero a lungo andare intaccare la fertilità. Tra l'altro io ho iniziato a prendere la pillola cinque anni fa perché dopo il periodo di anoressia e bulimia avevo un ciclo scarsissimo e molto doloroso (soprattutto mal di testa e di schiena e forti fitte alla gamba destra) e da allora non l'ho mai sospesa. 
Così a gennaio ho prenotato una visita da questa endocrinologa che pare sia la migliore in zona e ho aspettato quasi quattro mesi per vederla! Non nego che avevo riposto molte speranze in questa visita; speravo che mi avrebbe prescritto un farmaco per la tiroide e che, riportando gli ormoni al loro livello adeguato, il mio metabolismo si sarebbe accelerato e avrei cominciato a dimagrire. 
Invece l'endocrinologa mi ha detto che, a meno che non abbia intenzione di avere una gravidanza nel prossimo anno, non c'è fretta di correggere i valori ormonali, perchè lei prescrive la terapia con la levotiroxina solo quando il livello del TSH rimane stabilmente sopra il 7! Poi ha aggiunto che i miei attuali valori "sono incompatibili con una gravidanza" e che, qualora volessi un figlio, dovrei cominciare la terapia sei mesi prima di cominciare a cercarlo, perché quel valore che per me è 5/6 non dovrebbe superare il 2, altrimenti portare a termine la gravidanza (ammesso che si riesca ad iniziarla) diventa difficile e potenzialmente pericoloso. 
Non capisco perché se i valori non sono compatibili con una gravidanza, che è un chiaro segno del fatto che il mio corpo non è perfettamente sano, non possa iniziarea correggerli ora, invece di aspettare il momento in cui vorrò un figlio. E poi ho anche paura che, lasciandoli sballati, diventerò sterile, anche se l'endocrinologa mi ha assicurato che le terapie ormonali sono rapide ed efficaci.
Alle mie continue richieste di chiarimenti, che lei deve aver interpretato come un desiderio di maternità imminente, mi ha poi suggerito di interrompere la pillola, per vedere a che punto sia il mio ciclo naturale, ma io non voglio, perché ho paura di scoprire che senza la pillola non l'avrei. 
Sarò sincera, ora come ora non vorrei  avere un figlio - non ho la testa per un figlio, non so badare neanche a me stessa!, e poi la gravidanza rovinerebbe definitivamente il mio corpo - e non sono neppure una di quelle che crede che una donna non possa essere completa senza mettere al mondo un'altra creatura, però non voglio che mi sia preclusa fin da ora la possibilità di averne, un giorno. 
Un medico che mi aveva in cura anni fa, per indurmi a mangiare, nel prospettarmi tutti i danni che mi avrebbe causato l'anoressia parlò anche della possibilità di diventare sterile. E aggiunse che bisogna prendersi le responsabilità delle proprie azioni, che è un po' come dire se ho sputtanato la tiroide e se le mie ovaie si sono atrofizzate mi sta più che bene, che avrei dovuto pensarci a diciott'anni e mangiare un piatto di pasta in più. 
Ma io a diciott'anni volevo solo essere magra, e nel mio anelito al vuoto la certezza che dentro di me non potesse nascere un'altra vita era un sollievo; mi impressionava - e m'impressiona ancora, in parte - l'idea di avere un corpicino che cresce nel mio corpo e diventa grosso con la mia pancia, nutrendosi del nutrimento che io gli offro. Allora mi sembrava un piccolo prezzo da pagare, per poter coronare il mio sogno di chiudere la circonferenza della coscia con le dita delle mani, da pollice a medio, non più di una quarantina di centimetri. Ora invece mi sembra ingiusto; neanche triste, ma proprio ingiusto, perché non riuscire a dimagrire mi sembra già una bella punizione per una che non aveva altro scopo nella vita. 
Il karma mi ha già fottuta così, sarebbe esagerato privarmi anche della possibilità di rimanere incinta. Poi, magari, non ne farò neppure, di figli (sarei una madre egoista e infelice, e non voglio crescere bambini infelici), ma il fatto di non poterci neanche provare mi farebbe imbestialire. 
E voi, come siete messe in fatto di ciclo/ormoni/possibilità di gravidanze? So che è un argomento molto intimo e non voglio spingere nessuna a parlarne controvoglia, vorrei solo sentire altri pareri e magari confortarmi un po'! :)
Un abbraccio a tutte!

domenica 3 maggio 2015

il lupo non perde né il peso né il vizio

Peso: 63,6 kg.
 
Il peso è di nuovo bloccato. Dopo un mese e mezzo sul 64, da due settimane vado su e giù dal 63,3 al 63,9 passando per il 63,6 e non riesco a schiodarmi. Sono demoralizzata e diventa sempre più difficile resistere alla tentazione di attuare i comportamenti malati che sono riuscita a tenere (abbastanza) a freno negli ultimi mesi. 
Fino a qualche settimana fa ho seguito diligentemente il regime alimentare che la nutrizionista ha pensato per me, senza contare le calorie, senza "trucchetti" per mangiare di meno. Non ho mai saltato i pasti, neppure quando ero da sola e sarebbe stato facile e indolore, e ho rispettato le sue indicazioni, fiduciosa, anche perché i primi mesi, effettivamente, i risultati erano stati soddisfacenti.
Ora, però, quel piano alimentare sembra non funzionare più e ho cominciato a ritoccarlo al ribasso. È venuto spontaneo, quando ho visto che non scendevo più dal sessantaquattro, e ho avuto il mio sessantatré. Ma adesso sono di nuovo ferma, e io speravo di vedere il 61 prima di partire per la Sicilia (due anni fa pesavo 62 e, sebbene non fossi magra, vorrei almeno essere come allora) ma le possibilità di perdere due chili in due settimane sono praticamente nulle.
Se seguo la mia dieta rimango stabile e nel giorno libero prendo almeno un chilo, se faccio di testa mia e restringo perdo due-trecento grammi alla settimana, se sono fortunata. Sì, la restrizione è un metodo che a lungo andare si rivelerà fallimentare, perché il mio corpo finirà per abituarsi all'introito calorico più basso e ingrasserò anche con l'aria - è così che più di una volta sono passata da cinquanta a settanta chili, del resto - perciò lo so che sbaglio, lo so bene. Però "fare la brava" e non vedere risultati è frustrante, e così continuo a barare. 
Giovedì a pranzo con i compagni dell'uni ho detto che avrei mangiato a casa e ho sbocconcellato dei nachos che gli altri avevano preso come antipasto, ma una volta a casa ho detto che avevo già mangiato e ho fatto un'ora di ciclette; a cena ho visto altri amici che volevano ordinare una pizza ma non l'hanno fatto perché credevano che fosse indelicato mangiare la pizza davanti a me, che sono intollerante ai lieviti, e hanno improvvisato una pasta (bell'alternativa, carboidrati alle dieci e mezza!). Io ho mangiato sette rigatoni, gli altri li ho a più riprese buttati nel piatto del mio fidanzato (stando bene attenta a non far capire che li stava mangiando tutti lui, gliene mettevo nel piatto una forchettata per volta e nel frattempo ne mangiavo uno o due). Peso perso da mercoledì a giovedì? Neppure un grammo.
Venerdì i miei sono usciti a pranzo e il mio fidanzato voleva che andassi a pranzo dai suoi per non rimanere sola, ma gli ho detto che preferivo stare a casa a studiare e fare ginnastica: sono salita sulla ciclette a mezzogiorno, ho fatto una pausa pranzo dalle due meno un quarto alle due e un quarto (dopo aver accantonato l'idea di digiunare ho mangiato una mozzarella con due fette di crudo e un cracker integrale senza lievito) e sono risalita a pedalare. Ho percorso qualcosa come 60km e mi sono persa ad immaginare dove sarei arrivata se li avessi fatti in bici e non in camera: avrei superato la zona dell'Expo, avrei costeggiato l'autostrada invidiando le automobili che viaggiano verso il mare o le città d'arte, mentre per me questo ponte era casa, studio e lavoro, e poi sarei arrivata in un campo pieno di fiorellini gialli che vedo sempre dalla macchina e mi mette tanta allegria. 
Nel tardo pomeriggio, poi, sono andata ad aiutare la mia amica L. che ha in gestione un locale con il suo fidanzato e alcuni amici (gli stessi della pasta della sera prima) e ho lavorato un sacco sia in cucina sia in sala e sono riuscita a mangiare solo del cous cous, un po' di carne alla griglia e un negroni, e quando ci siamo ritrovati in cucina a pasteggiare a birra e lasagne all'una passata mi sono salvata perché tutti sanno che non posso bere birra e le lasagne non mi piacciono. Nonostante questo ieri mattina pesavo 63,8 kg: sarà stato il negroni. Ma, maledizione, avere cocktail gratis e non approfittarne sarebbe stato davvero da ingrata.
 
Ieri mattina invece ho deciso che dovevo attuare le mie fantasie partorite sulla ciclette, ho annullato le due ore di lavoro del mattino e sono andata con il mio fidanzato sul lago di Garda. Ero euforica. Davvero, io sono una che programma tutto, anche le pause mentre studio, e improvvisare una gita fuori porta è stata una piccola vittoria per me. Sono partita senza portarmi qualcosa da mangiare, senza pensare che non avrei potuto pedalare, che avrei mangiato schifezze ipercaloriche, che mi sarei pentita del mio colpo di testa.
 E sono stata bene. A pranzo ho mangiato un carpaccio di manzo (sono anche riuscita a vincere la vergogna di chiedere alla cameriera di portarmelo scondito, perché tanto non mi avrebbe più rivista, il suo giudizio non mi avrebbe toccata) e a cena siamo stati a Desenzano a mangiare pesce di lago. Il nostro tavolino era a due passi dall'acqua, in piazza una band suonava jazz, sembrava di essere una piccola città di mare, è stato davvero riposante. Avevo bisogno di una giornata così, senza orari o scadenze, di partire alle dieci, fare cento e passa chilometri e fermarsi in un ristorante a caso, in un paese a caso, e scoprire da Google che Gardone Riviera è ancora in Lombardia anche se tutti parlano veneto. 
Oggi peso ancora 63,6 kg e domani realisticamente peserò ancora di più perché stasera festeggiamo la laurea del fidanzato di I., spero tanto in un buffet, sono davvero brava a disporre le cose nei piatti, per farle sembrare pochissime quando voglio mangiare tanto senza sembrare una grassona e per farle sembrare tante se voglio mangiare poco senza destare sospetti, ma mi preparo comunque al peggio. Questa settimana, però, voglio vedere il 62, perciò so già che farò qualche sciocchezza (tipo risolvere il pranzo di domani con uno yogurt greco magro) ma vi prometto che dopo la Sicilia mi rimetto in riga e torno a seguire la mia dieta equilibrata e sana, ho solo bisogno di avere la pancia piatta per quando metterò il costume. Mi capite, vero?
Buona domenica a tutte!