giovedì 28 gennaio 2016

fine del mese di stallo: il 2016 può iniziare davvero

Le cose pian pianino si smuovono, la palude si sta ritirando, e forse persino il mio corpo ha disattivato la modalità stand by.
Nei giorni scorsi ho mangiato più del solito, avevo fame, o forse era più che altro voglia di mangiare - è impossibile per me accorgermi della differenza, dopo tanti anni passati ad ignorare la fame - fatto sta che mi sono concessa degli sfizi fuori pasto, ho mangiato tantissimi carboidrati e mi sono persino ritrovata ad avere voglia di dolci, che a me generalmente non piacciono. Ieri temevo il peggio e invece, paradossalmente, ho perso un chilo.
E, ancor più incredibile, riesco a vedere quel chilo che ho perso: ho la pancia più sgonfia e piatta, anche se i fianchi continuano a sporgere oltre il limite che ho arbitrariamente deciso per loro.
Si è sbloccato tutto di punto in bianco, come se una forza invisibile avesse tolto il tappo che impediva alle cose di muoversi o un telecomando gigante avesse finalmente premuto "play" dopo un paio di mesi di "pause". 

Così all'improvviso ci sono buone notizie sul contratto del mio fidanzato, mi è arrivato lo stipendio di novembre (ma non di ottobre, chissà se lo vedrò mai!) e, rullo di tamburi!, abbiamo trovato una casa. L'inquilina che doveva lasciarla a fine mese, però, ha chiesto di poter rimanere fino a metà febbraio, finché non si sistema con il suo nuovo lavoro all'estero, e quindi non entreremo prima del 20 del mese prossimo, o forse direttamente a marzo. 
Però la casa c'è e non dobbiamo più incastrare nei nostri impegni le visite ad improbabili catapecchie, né alimentare l'insonnia scorrendo con rassegnazione l'homepage di Idealista e Immobiliare.it. È fatta. La prima cosa che abbiamo comprato per la casa nuova sono stati dei cuscini color senape e gli asciugamani del bagno ché, si sa, i dettagli sono fondamentali. 
Non vedo l'ora di archiviare gennaio, con la sua grigia attesa e il pensiero fisso "dovrei ricominciare a vomitare", e inaugurare febbraio con un mood diverso e con una ritrovata energia. 
Ho sostituito al miraggio bulimico un progetto più sano: mi sono comprata delle scarpe da ginnastica muove al Decathlon, fucsia con le stringhe arancioni, e lunedì - che per altro è il 1 febbraio, quale data migliore per cominciare qualcosa di nuovo di un giorno in cui coincidano inizio della settimana ed inizio del mese? - inizio un nuovo programma di tonificazione, la Top Body Challenge di Sonia Tlev. Dopo aver fatto a più riprese tutti i livelli della 30days Shred di Jillian Michael avevo voglia di qualcosa di nuovo e di più mirato al modellamento del corpo. Non c'è, infatti, una parte consistente di cardio, come nella 30days Shred, ma ci sono tanti addominali e esercizi per definire le forme femminili, sembra davvero un programma ben strutturato, non vedo l'ora di iniziarlo.
Ho bisogno di vedere dei risultati, di toccare con mano la possibilità di creare un corpo diverso, bello e armonioso, senza dover ricorrere ai mezzucci che ben conosco. In queste ultime settimane, davvero, mi sono ritrovata a pensare di dover vomitare con una frequenza che non mi capitava da anni. Sono arrivata a tanto così dal farlo davvero, avevo già lo spazzolino in mano, pronta a infilarmi il manico in gola, ma poi è suonato il telefono e mi sono distratta a concordare un lavoro. 
Mi vergogno di questo pensiero ricorrente e vorrei mettere a tacere quella vocina che dice "una volta ogni tanto non fa male, una volta ogni tanto non è essere bulimiche. Lo fanno anche le ragazze normali. Sarebbe solo per limitare i danni di una cena troppo pesante, sarebbe l'equivalente della citrosodina!" perché io so che non è vero. So che il passaggio da vomitare una tantum a farlo abitualmente, dopo ogni pasto, è incredibilmente rapido, so che sarebbe un attimo ritrovarmi a vomitare anche il caffè, perché una volta che ci "prendi la mano" è maledettamente comodo abusare di questo metodo, so che devo resistere alla tentazione di farlo "una volta soltanto", perché non sarebbe mai una sola. 
Almeno quando vivrò nella casa nuova avrò la scusa dei 65mq, di un piccolo bagno che confina con la camera da letto e nel quale è molto difficile nascondersi a fare queste operazioni. Ma devo resistere alla tentazione anche adesso, che sono quasi sempre da sola e ho un bagno tutto mio, perché se cedo una volta è finita, e non me lo posso permettere, ho troppe cose che mi aspettano e non voglio rovinarmele.

venerdì 22 gennaio 2016

riempire le attese senza svuotare i corpi

Vorrei essere più costante, scrivere più spesso e commentarvi più spesso, ma i giorni scorrono così veloci, gennaio volge già quasi al termine e io ancora scrivo '15 ogni volta che devo segnare la data. Il tempo corre veloce e io fatico a tenere il passo, come quando andate in giro con un'amica dalle gambe molto più lunghe delle vostre e per starle dietro vi tocca quasi correre.
E poi sto cercando di pensare il meno possibile alla questione peso e cibo, perché è uno di quei periodi in cui sono particolarmente vulnerabile e quindi particolarmente a rischio ricadute. Dopo anni di alti e bassi sono in grado di riconoscere gli elementi di rischio, le situazioni che rischiano di provocare la ricaduta, e quindi mi sforzo di evitarle o, almeno, di ridurne il peso (tanto per rimanere in tema).
Una caratteristica comune a tutte le ricadute degli ultimi anni è che il dca si è sempre insinuato in un periodo di stallo, di attesa e di incertezza, e questo lo è decisamente: aspetto l'inizio del master preoccupata di pentirmi della mia scelta, di non trovarmi bene come negli anni di università, di non riuscire a fare amicizie, di sentirmi sola e sbagliata, fuori posto e senza meta. Aspetto gli stipendi di ottobre, novembre e dicembre e intanto ho ricominciato a lavorare nello stesso posto in cui ero in autunno, questa volta mi trovo meglio e anche i colleghi sono più carini; tra l'altro anche la mia amica S. è lì per qualche settimana e abbiamo ricominciato a pranzare insieme come quando eravamo compagne di corso, il che ha esacerbato la mia nostalgia dell'uni. Aspetto di trovare una casa da prendere in affitto con il mio fidanzato, ma la ricerca è più difficile ed ansiogena di quanto pensassi e sembra che in ogni casa che andiamo a vedere ci sia sempre una fregatura ad attenderci: cauzione pari a 6 mesi d'affitto, 1500€ di commissioni da pagare all'agenzia, finestre solo in alto, sesto piano mansardato senza ascensore e senza condizionatore, proprietari che non vogliono mostrare la casa prima di aver ricevuto un versamento di 1600€, topaie per studenti vendute a cifre surreali. Non avevo nessuna esperienza nella ricerca di un affitto e non avevo assolutamente idea di come funzionasse il mercato immobiliare della mia città e sono rimasta letteralmente disgustata dal comportamento spregiudicato di alcuni agenti che cercano di spacciarti un tugurio in una zona piuttosto malfamata per un "open-space servitissimo dai mezzi". Dovesse andarmi male col master aprirò un servizio di consulenza per studenti o giovani non del posto che cercano una sistemazione per salvarli dalle peggio fregature e indirizzarli verso i (pochi, ma per fortuna esistenti) venditori onesti.
Comunque aspetto, ed è un'attesa fitta di ansie e preoccupazioni. Per questo temo la ricaduta. Perché per me il dca è sempre stato un modo per incanalare le energie verso un obiettivo certo, sicuro, e relativamente facile da raggiungere.
Come in agosto, l'ultimo periodo di digiuni e bugie, quando all'incertezza rispetto al futuro e all'ansia derivante dalla tesi ho risposto con la più rassicurante delle routine: perdere peso. Il dca è un ottimo catalizzatore di ansie e di paure, una lente macro che sfuoca tutto ciò che si trova sullo sfondo e l'unico scopo diventa pesare trecento grammi in meno la mattina successiva, un chilo in meno a fine settimana, rientrare nel jeans di Bershka taglia 40 che hai comprato soltanto come metro di magrezza, perché la 40 di Bershka è più piccola della 40 di Zara, e che trascorre l'eternità sul fondo di un cassetto per essere riesumato ogni volta che scendo sotto il 59.
Insomma, da quando è cominciato quest'anno, complice la delusione di un peso che non scende più, convivo con la tentazione di "impegnarmi di più". So come fare, basterebbe smettere di pranzare con S. o, almeno, limitarmi ad un'insalata scondita. Basterebbe tornare a casa per pranzo e dire a mia madre che ho mangiato fuori, poi uscire e dire che ho già mangiato a casa. Basterebbe saltare la colazione e sminuzzare un pacchetto di crackers in un sacchetto per gli alimenti congelati dal quale pescarne qualche briciola alla volta, per arrivare a cena con un consistente "debito calorico". Ma non lo voglio fare, non lo posso fare. 
Cerco delle distrazioni, in particolare nello sport. Sto seguendo un programma di allenamento che dovrebbe rendere il mio corpo tonico, se proprio non posso averlo magro. Si tratta soltanto di un'ossessione al posto di un'altra, lo so, ma almeno è una fissa sana, e finalmente si cominciano ad intravedere gli addominali. 
E poi a me piacciono i corpi tonici. Mi sono sempre piaciuti sulle altre, anche quando per me desideravo, piuttosto, un corpo scavato e asciutto, senza muscolo e senza forme. Mi sembra che trasmettano salute e vitalità, energia e forza, e vorrei che anche il mio corpo smettesse di essere alternativamente sexy o disgustoso e fosse invece atletico, sano, armonioso.
Non voglio avere un fisico da culturista, sia chiaro, come quelle che in palestra sollevano 80kg e hanno spalle da muratori, ma ultimamente ho rivalutato le cosce muscolose a discapito di quelle scheletriche, i sederi pieni e sodi al posto di quelli piccoli e quasi invisibili, le pance piatte perché modellate sul muscolo e non sulle ossa. 
L'altroieri, nell'area benessere della palestra, c'era una ragazza magrissima che entrava e usciva dalla sauna e un'altra, con un bel fisico scolpito ma per nulla magra, che faceva l'idromassaggio. L'ho indicata di nascosto al mio fidanzato, facendo un apprezzamento sul suo sedere - piccola parentesi: lo faccio spesso di indicare al mio fidanzato quelle che per me sono delle belle donne, e non per rispondere con una scenata di gelosia se lui concorda, ma perché mi piace mettere a confronto i nostri canoni di bellezza femminile! - e lui ha osservato che si aspettava che gli facessi notare l'altra, quella magrissima, per poi aggiungere che il fatto che il mio ideale di corpo perfetto stia gradualmente cambiando è, secondo lui, un buon segno.
Non so se abbia ragione e se continuerà a piacermi l'idea di modellarmi un corpo simile, scattante e forte, quando per anni ho inseguito il sogno di essere sottile e delicata, una "cosa" fragile da proteggere, non atletica e dalle forme scolpite, quelle forme che ho sempre voluto nascondere.
Forse è solo la mania del momento, una distrazione come un'altra, forse non è neppure così salutare come credo, ma intanto quando mi alleno sto bene, e sono costretta a mangiare in modo sano e regolare.
E voi, qual è il vostro ideale di bellezza femminile? Come vorreste essere se poteste trasformare il vostro corpo senza fatica alcuna? 
Io, allo stato attuale delle cose, vorrei essere così

mercoledì 13 gennaio 2016

poi basta un numero troppo alto e al diavolo tutti i buoni propositi

Ieri mattina un'ora di palestra, ieri pomeriggio 10km di corsa e camminata veloce con il mio migliore amico, (poco) cibo sano a parte un paio di fette di crudo di troppo a cena, complice la fame post-corsa, e questa mattina peso più di ieri, che già pesavo più dell'altroieri.
Io vorrei davvero smettere di pensare al peso e vorrei davvero che non condizionasse in questo modo la mia esistenza (tipo che adesso sono indecisa se bidonare un'amica che dovevo vedere per l'aperitivo) ma sento che per smettere di pensarci lui deve smettere di aumentare.
Che poi, davvero, cos'è che sbaglio? Da prima di Natale non faccio che mettere su peso, tornata da Roma pesavo 61kg (già troppi, ma ancora nella comfort zone) e ora ne peso 64. Eppure dopo gli eccessi di Natale mi sono rimessa in riga, con l'unico risultato che invece di perdere i due chili presi (comprensibilmente) durante le feste ne ho preso un altro e totalmente senza motivo. 
È vero che sto facendo tantissima palestra in questi giorni - squat, addominali, esercizi per braccia e schiena... - e si sa che il muscolo pesa più del grasso ma quanto di più? È impossibile che io abbia messo su tre chili di muscoli o sembrerei già Xena la principessa guerriera.
Davvero, ragazze, io lo so che non devo andare in panico in questo modo, ma mi sento impotente e non riesco a gestire la situazione in modo razionale. 
Come vi avevo preannunciato io e il mio ragazzo stiamo cercando casa per compiere questo importante passo insieme e finisco persino per temere il momento in cui vivremo insieme perché non potrò più saltare la cena o fare tre/quattro ore di sport al giorno, e allora cosa mi succederà? Diventerò un'enorme balena flaccida? Tornerò a superare i settanta chili? 
Io mi odio per questo, perché non riesco a vivere questo momento con la gioia e l'entusiasmo che merita, perché sono bloccata dalla paura, prigioniera della mia rassicurante routine, schiava di quei meccanismi di compensazione che a casa, dove sono spesso da sola, posso attuare senza essere disturbata. Ma quando vivrò con A. non mi sarà più possibile: lui già dice che mangio pochissimo, quando vedrà quello che mangio tutti i giorni per tutta la vita gli prenderà un colpo. Di solito quando so che dobbiamo passare molti giorni insieme mi preparo con dei pasti leggerissimi nei giorni precedenti, ma cosa dirà quando mi vedrà mangiare solo verdure tutte le sere? Penserà che sono di nuovo malata, quando in realtà è più probabile che io non sia mai guarita.
Se almeno potessi essere magra, almeno le sue prediche sul fatto che mangio troppo poco, che le zucchine grigliate sono un contorno e non una cena, avrebbero un senso. Ma io non sono magra, se la gente conoscesse la fatica che faccio per essere così non-magra proverebbe una sincera pietà per i miei stupidi sforzi. 
Da novembre rimando l'appuntamento dalla nutrizionista ripetendomi "perdo un chilo e poi vado a dirle che non riesco più a dimagrire" e adesso mi ritrovo con tre chili in più e il problema che era "non riesco più a dimagrire" ora è "non riesco più a non ingrassare". Il fatto è che correrei da lei se pensassi che possa avere la soluzione giusta per me, ma sono di nuovo sfiduciata, di nuovo intimamente convinta di essere condannata a essere per sempre obesa e per sempre in lotta con il mio corpo. Sto seguendo il regime alimentare che lei mi ha dato, prendo l'integratore di iodio che mi ha suggerito, ho fatto tutte le analisi che mi ha prescritto eppure invece di muovermi, anche lentamente, verso l'obiettivo che avevamo stabilito insieme, 56 kg, sto risalendo verso quello da cui tentavo di fuggire quando mi sono rivolta a lei per la prima volta.
Ieri ho scoperto quando iniziano le lezioni del master e ho esattamente quattro settimane da oggi per perdere almeno tre chili. Anche in questo caso, dovrei essere impaziente ed elettrizzata, entusiasta e piena di carica e voglia di fare, e invece vorrei che non cominciasse il mese prossimo, vorrei avere qualche mese extra per poter iniziare questa nuova avventura magra come vorrei.
Potete anche pensare che sia superficiale e sciocca, lo penso anche io, ma il risultato non cambia: la prima cosa che mi viene in mente quando apro gli occhi al mattino è sempre la stessa "quanto peserò oggi? Sarò ingrassata o dimagrita?" con buona pace di tutti i pensieri razionali che mi impongo di fare ogni giorno.
Quando ho letto 64.5 sulla bilancia questa mattina ho persino pensato che potesse essere rotta perché no, non può essere che io sia più grassa del giorno di santo Stefano, ma il mio fidanzato ci si pesa spesso e con lui è sempre costante e coerente (parlo della bilancia come se fosse una persona, è surreale) quindi è ancora funzionante, è il mio metabolismo che è completamente a puttane.
Ma io non so come altro fare a gestire la situazione e, quindi, faccio quello che ho sempre fatto nei momenti di crisi: un'ora di palestra, due ore di ciclette, verdure grigliate a pranzo, vellutata di piselli a cena, e tre litri d'acqua nel mezzo. Forse è sbagliato, forse è malato, ma io non ce la faccio ad essere grassa. Mi ripeto come un mantra che io non sono quel numero, non sono quel numero, ma inconsciamente so che, anche se non sono quel numero, quel numero mi sta dicendo che sono una fallita.

venerdì 8 gennaio 2016

ciò che rimane di noi - 2015 in cifre

Questa notte non riuscivo a dormire, così ho messo l'iPod in riproduzione casuale e ho aspettato il sonno ascoltando la musica, come ho sempre fatto quando l'insonnia minacciava il mio riposo. Ad un tratto è partita una canzone di Ligabue, Ciò che rimane di noi, che non avevo mai ascoltato con grande attenzione e che questa notte, improvvisamente, mi è sembrato che parlasse di me, di voi che condividete esperienze simili alle mie qui su Blogger, di tutti quelli che vorrebbero scrollarsi di dosso un passato ingombrante:

dopo il giro nell'abisso
Non sei più lo stesso
puoi solo andare avanti
con tutto quanto addosso

Queste parole mi hanno colpita perché sono un po' il sunto delle riflessioni di questi giorni, avviate dalla lettura dei vostri commenti e dei vostri blog e che vorrei tenermi come base di partenza per questo anno nuovo appena cominciato e quindi ancora ricco di promesse e forse di illusioni: il passato non si può cancellare, né si possono spegnere i pensieri premendo su un interruttore.
Tutto quello che è stato ce lo portiamo dentro, ha permeato le nostre ossa e i nostri organi vitali e disfarcene sarebbe come tagliar via un braccio o una gamba o un polmone. Dobbiamo tenercelo lì, anche se fa male. 
Devo smettere, insomma, di sperare di svegliarmi una mattina e scoprire che sono miracolosamente guarita, che non penso più alle calorie, che sono diventata ottimista, allegra, attiva, perché non succederà. Questo non vuol dire che sono - siamo - condannata a soffrire per sempre, ma è improbabile che tornerò ad essere quella di prima. In questo gioco imprevedibile che è la vita le regole non sono molto esplicite, ma una è certa: non si torna indietro, si può solo andare avanti, con tutto quanto addosso.

Però alla fin di questo dolore
potremmo sempre e comunque contare
su ciò che rimane di noi

E cosa rimane di me, all'inizio di questo nuovo anno? Per farne un bilancio preciso e non viziato dal cattivo umore delle ultime settimane, e dato che non riuscivo a dormire, ho preso l'agenda del 2015 e ho ripercorso l'anno appena trascorso basandomi esclusivamente sui numeri, che tutti dicono essere più onesti delle parole, in questi casi. 
Da buona compilatrice seriale quale sono e sono sempre stata, io riempio le mie agende di liste, elenchi di cose fatte e da fare, tabelle e simili, perciò non mi è stato difficile recuperare il riassunto del 2015 in cifre, ed ora ve lo riporto, per poterne tirare le somme insieme.
  • Giorni positivi: 197
  • Giorni negativi: 121
(Abitudine conservata da uno dei primissimi periodi di terapia della mia vita, prima ancora dei dca. Mi avevano consigliato di fare un bilancio della giornata prima di andare a dormire e di segnarla in giallo o in blu sul calendario a seconda che la considerassi una giornata felice o triste. Tanto per darvi un metro per valutare questi risultati ci sono stati anni quasi interamente blu e il 2014, senza andare troppo lontano, contava 285 giorni blu. I giorni che sfuggono al computo sono quelli per cui ero in difficoltà a tracciare una linea netta tra buono e cattivo, anche se non sarebbero previsti dalle "regole del gioco")
  • Chili persi: 8
  • Chili presi: 3,5
  • Giorni di digiuno: 2
  • Giorni in cui ho saltato almeno un pasto principale: 43
  • Abbuffate compulsive in solitudine: 1 (ho mangiato una vaschetta di sushi in macchina, nel parcheggio del supermercato, con le mani e rischiando più volte di rovesciare la salsa di soia sul sedile del passeggero)
  • Cene/pranzi alla fine dei quali ho pensato di essermi abbuffata e mi sono sentita in colpa: 61
  • Episodi di misure compensative esagerate (più di tre ore di sport al giorno): 52
  • Episodi di vomito autoindotto: -
  • Attacchi di panico: 3
  • Notti insonni: 14
  • Pensieri suicidi: -
  • Episodi di derealizzazione/depersonalizzazione:2
  • Giorni in cui, almeno una volta nel corso della giornata, ho pensato di essere grassa: 340
  • Giorni in cui, almeno una volta nel corso della giornata, mi sono sentita bella: 48
  • Giorni in cui mi sono sentita stupida ed inutile, ingrata o cattiva: 80
  • Giorni in cui, invece, mi sono sentita utile a qualcuno e ho sentito di aver fatto qualcosa di giusto o ammirevole: 29
  • Giorni in cui ho pensato di non farcela e che tutti i progressi fatti fino a qui siano solo un'illusione: 23
  • Uscite rifiutate a causa del senso di inadeguatezza: 22
  • Uscite accettate nonostante mi sentissi a disagio/brutta/triste/non ne avessi voglia: 84
  • Uscite proposte/organizzate da me: 35
  • Viaggi di varia durata, dai più lunghi ai weekend: 9
  • Obiettivi raggiunti: 4, ovvero laurearmi, fare un'esperienza lavorativa "vera", cioè in regola e con orari prestabiliti (benché per ora ancora senza stipendio), aiutare il mio migliore amico a laurearsi, decidere cosa fare dopo la laurea.
  • Obiettivi falliti: 3, ovvero smettere di pensare ossessivamente al peso/cibo, andare a convivere col mio fidanzato, essere presa al dottorato (anche se ammetto di aver fatto un unico tentativo improvvisato prima ancora di laurearmi)
Ci sono altre voci nelle mie liste, come i cibi nuovi assaggiati o i ristoranti scoperti o i panorami mozzafiato ammirati, ma non vorrei tediarvi eccessivamente e credo, comunque, che le sopraccitate siano le più degne di nota, sufficienti a trarre un bilancio del 2015.
In definitiva è stato un anno positivo, a tratti molto positivo, e i momenti bui rispetto al 2014 (per non parlare degli anni precedenti) sono stati relativamente pochi e circoscritti ad alcuni periodi dell'anno. Certo, non sono mancati giorni di sconforto e pensieri autodistruttivi, ma sono in diminuzione rispetto agli anni precedenti e questo non può che farmi piacere, vuol dire che posso continuare questa tendenza, nonostante le inevitabili battute d'arresto.
Si sa che all'inizio dell'anno ci è concesso sognare, fare grandiosi propositi e prometterci un sacco di cose che poi non si realizzano mai, perciò per ora voglio credere che questo 2016 sarà un anno buono, checché se ne dica degli anni bisestili.


venerdì 1 gennaio 2016

propositi per l'anno vecchio

Ho tanti progetti e speranze per questo 2016, ma un unico reale desiderio: vorrei smettere di dipendere così disperatamente dal giudizio della bilancia. Vorrei che non capitasse più che un numero troppo alto sullo schermo digitale di un piccolo oggetto di vetro e terminazioni elettriche mi rovini la giornata, com'è successo oggi. Vorrei essere in grado di salire sulla bilancia con lo spazzolino in mano, come fa il mio fidanzato, guardare distrattamente il responso - e magari non chiamarlo neppure responso, ché la bilancia non è un oracolo - e ignorarlo serenamente.
Non c'è nulla che voglia più di questo: essere libera da queste catene che diventano ogni anno più pesanti, più opprimenti, ed io non ho più la forza per sopportare questa prigionia autoinflitta. 
Da un paio d'anni non scrivo più i propositi per l'anno nuovo per non dover vedere, al primo posto, "dimagrire". Prima di "essere felice", "trovare una casa per me e il mio fidanzato", "visitare posti nuovi", cose che, malgrado abbiano indiscutibilmente più valore, sono sempre subordinate a quell'unico stupido, materiale, fisico desiderio: pesare di meno. 
Anni di desideri sprecati guardando le stelle cadenti, soffiando sulle candeline, cogliendo un quadrifoglio, quando ad ogni legittima richiesta il mio inconscio ha sempre premesso "dimagrire". "Cosa vuoi più di tutto, in assoluto?" mi chiede S., che vuole appendere un bigliettino all'albero dei desideri della stazione centrale; rispondo qualcosa di nobile, di razionalmente desiderabile, forse "dare valore ad ogni istante della vita", ma una vocina insistente nella testa mi redarguisce: "bugiarda! È dimagrire!".
Forse ha ragione chi mi accusa di superficialità, perché in mezzo a tanti motivi per essere felice io mi lascio abbattere da un jeans che mi stringe sui fianchi. Ma davvero pensate che io non ci trovi nulla di strano? Che mi piaccia essere sempre insoddisfatta? Che provi della perversa gioia nel sentirmi sempre sbagliata, mentre tutto sembra andarmi per il verso giusto? 
La verità è che a nessuno piace odiare se stesso. Odiarsi al punto da affamarsi per giorni e non riuscire ad alzarsi dal letto, odiarsi al punto di sfrecciare in autostrada a 200km/h e spegnere i fari, per cercare la pace o almeno il silenzio, odiarsi al punto di trattare male qualcuno solo per non odiarsi da soli. A nessuno piace vivere nell'angoscia e nella costante insoddisfazione, tanto più se sa di non averne motivo.
Da quando mi sono ammalata non faccio che sentirmi in colpa, di troppo, un inutile disturbo. Nel periodo della depressione avrei voluto uscire di scena in punta di piedi, risparmiare ai miei genitori il dolore di sentirsi responsabili di una sofferenza inspiegabile, eppure reale.
Io non so se voi vi siate mai sentiti così appesantiti dall'esistenza da sentire che non si ha nessun motivo per protrarla, vi auguro sinceramente di no, ma vi assicuro che ci si sente così male che si perde ogni capacità di misurare il dolore. Si è soli, paralizzati sotto una cappa d'angoscia, e improvvisamente tutte le cose brutte davvero - la guerra, la fame, il cancro - assumono un'altra dimensione, si annullano, persino. 
E non è che, nei periodi in cui rimanevo per ore immobile, ascoltando il rumore della lancetta dei secondi del mio orologio, non sapessi razionalmente di non avere ragioni per essere così infelice, non è che pensassi di essere sfortunata. Non lo sono: avrei potuto nascere nel Rwanda come la ragazza che la mia famiglia ha adottato a distanza e che ho conosciuto dal vivo lo scorso anno, avrei potuto nascere in una periferia degradata e dovermi guadagnare da vivere prostituendomi, avrei potuto nascere senza gambe o con una malattia genetica incurabile, ma non è successo. Eppure, per quanto mi renda conto razionalmente di appartenere ad una fetta privilegiata della popolazione di questo mondo, questa certezza non mi ha salvata dalla depressione, dell'anoressia e dal disturbo d'ansia generalizzato.
E, certo, "vuoi mettere essere depressi con l'avere un cancro al polmone?". No, e mi sento un'ingrata per tutte le volte in cui, quando stavo male, ho sperato di morire, quando nel mondo chissà quante mie coetanee malate sperano di vivere. Ma i disturbi mentali, purtroppo, non sono meno reali di altri per il solo fatto di non essere fisici. Sono invisibili, ma la depressione è in grado di logorarti come un cancro, se le si lascia lo spazio per farlo. "Esci! Divertiti! Distraiti! Trovati un hobby!" sono consigli che, anche se dati in buona fede, si infrangono contro un muro di dolore invalicabile. 
Tutto ciò per dire che, insomma, io ci ho provato a chiedere a Babbo Natale una testa diversa, così da poter smettere di desiderare un corpo diverso, ma per l'ennesimo anno ha ignorato la mia richiesta, e sono ancora la stessa di un anno fa, di sette anni fa.
Vabbè, dai, qualcosa è cambiato. Ho fatto qualche passo nella direzione giusta, lo so, ma è una salita ripida e il più delle volte rimango a guardare la vetta con rabbia e frustrazione e non trovo la forza sufficiente per continuare l'arrampicata. Forse a frenarmi è la paura di una nuova delusione, dopo tutta la fatica. Mi risuonano nella mente le parole della peggior terapeuta da cui sono stata in cura, che mi predisse un calvario senza fine. "Chi ha sofferto di una sindrome maniaco-depressiva non guarisce mai del tutto; può declinare la malattia in modi diversi, come l'anoressia nervosa o la bulimia, può avere dei periodi sereni che si alternano a periodi down, ma è difficile che questo genere di ferite si rimarginino del tutto, bisogna imparare a conviverci e a limitare i danni". Tre anni fa l'avevo trovato crudele e inconcepibile, avevo risolto smettendo di vedere la dottoressa in questione e mi ero rifiutata di comprendere la sua posizione. Forse, invece, avrei dovuto rassegnarmi e lasciarmi guidare in un percorso di accettazione della malattia, come proponeva lei, imparando a riconoscere i segni dell'arrivo di un nuovo periodo down e a limitare i danni, appunto. Ma all'epoca mi era sembrata una sconfitta, e sotto sotto lo penso ancora. Forse è una giusta punizione per chi non ha saputo riconoscere il bello che aveva e accontentarsene, eppure io non credo di meritarmi - e credo che nessuno lo meriti - una condanna simile: trascinarmi dietro il dca e tutto il resto come una zavorra, un bagaglio di disgusto che deve seguirmi dappertutto. Io voglio pensare che un giorno potrò davvero sentirmi leggera, nella testa e non sulla bilancia, e che nella lista di propositi per l'anno nuovo non debba includervi necessariamente "dimagrire" per poi provarne vergogna e fastidio.
A voi che passate di qui, sempre o una tantum, auguro un 2016 pieno di momenti speciali e di amore, soprattutto di amore per voi stessi.