Giovedì
ho dato quell’esame sovrannumerario, quello che non volevo dare, che ho
preparato in extremis in dieci
giorni, che mi aspettavo andasse male e mi ero decisa ad accettare dal
venticinque in su. Non voglio girarci troppo intorno, è finita che ho preso
trenta e lode e tutti a dirmi che non avevano dubbi. Come al solito l’unica ad
avere dubbi ero io, io che non so studiare per prendere venticinque, che se
faccio una cosa deve essere perfetta, o niente. Non accetto la mediocrità, non
mi concedo vie di mezzo: o tutto o nulla, tertium
non datur.
Venerdì
volevo recuperare le ore di sonno perse negli ultimi giorni di studio
intensivo, ho tolto la sveglia, mi sono messa la mascherina, sono andata a
letto alle tre per essere sicura di addormentarmi “in fretta” e ho pregustato
la gioia di svegliarmi a mezzogiorno e fare colazione e pranzo insieme. Peccato
che alle dieci mio padre, allarmato, abbia iniziato a chiamarmi dalle scale e
poi, ancora più allarmato, sia piombato in camera mia chiedendomi se stessi
male. Sapendo che di solito dormo fino a tardi soltanto quando il mio fidanzato
dorme con me, deve aver temuto che fossi morta nel sonno.
Sabato
e domenica sono andata in montagna con gli amici del mio fidanzato, non la mia
compagnia preferita, come forse vi ho già raccontato, ma che questa volta,
complice la presenza di un ultimo arrivato più ultimo arrivato di me - il nuovo
fidanzato di S., quella che elimina i dolci e perde cinque chili in una
settimana, ve ne ho sicuramente parlato – sono stati più piacevoli del solito.
Il
programma, dato che il tempo faceva abbastanza schifo, era mangiare, dormire e
giocare a carte. Queste ultime due cose meno di quanto avrei voluto, ma il
punto “mangiare” è stato rispettato diligentemente. Abbiamo mangiato tantissimo
sabato a cena e altrettanto domenica a pranzo, e il tutto lontano da ciclette,
step o qualsiasi altro palliativo, eccetto una blanda passeggiata per il centro
del paesello, a guardare le vetrine dei negozi di attrezzature per la neve e lo
sci.
Sabato
sera siamo andati a mangiare piatti tipici: bresaola, sciatt, formaggi a
volontà, pizzoccheri. Dato che ero preparata al peggio – e, si sa, gli sgarri
previsti da tempo e anticipati da giorni di restrizione sono ammessi – mi sono
concessa pure una seconda mestolata di pizzoccheri, anche perché molti al
tavolo erano già alla terza e quindi non avrei comunque fatto la figura dell’ingorda.
Un amico di A. ha approvato la mia decisione suggellandola con un “mangia, tu
che puoi”.
Quel
“tu che puoi” ha avuto l’effetto di uno schiaffo in pieno viso, quello che ti
arriva quando non te l’aspetti e sembra che faccia più male. Io posso mangiare. Nonostante siano anni
che mi ripeto il contrario, io posso mangiare. Cioè, se mangio due forchettate
in più di pizzoccheri non succede niente: la terra continua a girare intorno al
suo asse, la gente al tavolo continua a parlare del colore dei mobili della
cucina di D., il cameriere continua a offrire il bis agli altri e io non
acquisto di botto dieci chili, il mio sedere non esplode nei pantaloni color
senape che ho appena comprato da Zara e la sedia sulla quale sono seduta non
scricchiolerà per colpa del mio peso eccessivo. Forse avrò la pancia più gonfia
di quando sono entrata nel ristorante, ma nessuno ci farà caso, a nessuno
fregherà nulla, solo io continuerò a pensarci per il resto della serata, forse
della settimana.
Ma,
di fatto, io posso mangiare. Non è come per R., che è diabetica e deve stare
attenta al sale in eccesso, agli zuccheri, ai grassi. Mi ripeto che non devo,
ma in realtà sono soltanto io a impedirmelo. Bella scoperta, direte voi. Non che
fino all’altroieri pensassi che un meteorite avrebbe disintegrato la terra se
avessi fatto il bis di qualcosa, ovvio. È solo che non avevo mai riflettuto a
sufficienza su una cosa tanto banale: io posso mangiare. Ne ho lo stesso
diritto degli altri, di quelli più magri di me che possono permettersi quello
sgarro che io non mi voglio concedere e di quelli più grassi, che è giusto che
facciano il bis, perché sono già grassi, e chissenefrega di una forchettata in
più di pizzoccheri.
Io
non devo mangiare meno degli altri, ho diritto ad abbuffarmi di pizzoccheri e
uscire dal ristorante maledicendo l’ingordigia, ho il diritto di farmi riempire
il piatto e dire, sorridendo, come l’amico di A. “non è per fame, è per gola”.
Ho il diritto di mangiare “per gola”, senza sentire subito il bisogno di
vomitare.
Ovviamente,
come sempre al ristorante, finita la cena sono andata in bagno. Mi sono
guardata allo specchio, mi sono vista enorme, ho sentito le dita della mano
insinuarsi meccanicamente in bocca, cercare il punto della gola in cui so di
provocarmi il vomito, ma mi sono fermata in tempo, come sempre. Questa volta
però ho pensato anche che non basta piegarmi sul gabinetto, infilarmi due dita
in gola e fermarmi poco prima di sentire il sapore acido dei succhi gastrici
lungo l’esofago per essere soddisfatta dei miei progressi, il progresso vero è
realizzare che non sono tenuta a
vomitare dopo aver mangiato più del “necessario”. Come non devono farlo gli
altri – e sono ben sicura che nessuno debba vomitare dopo aver mangiato troppo –
non devo farlo neppure io.
So
che a molte sembrerà una banalità, ma per me quella frase, detta per
gentilezza, perché quel ragazzo – il solo, forse, degli amici di A. – mi trova
simpatica, perché la maglietta nera attillata mi faceva la pancia piatta (prima
della cena, è ovvio), è stata una rivelazione.
Noi
possiamo mangiare, ragazze. Anche se
ci ripetiamo che non dobbiamo farlo, che se mettiamo in bocca quel pezzetto di
pane niente sarà più come prima, che la nostra pancia deve restare vuota, noi possiamo
mangiare, ne abbiamo ogni diritto.
Un
abbraccio!
Questa frase, cara Euridice, non mi è nuova.
RispondiEliminaAnche a me è stata esclamata, facendomi aprire gli occhi - perlomeno un po' - e far comprendere che nessuno qua mi impone una dieta ipocalorica, nessuno guarda quanto cibo ho nel piatto o quante fette di pane ho ingerito. (almeno che non tocchi l'esagerazione)
Eppure secondo me tutti dovrebbe prestare attenzione al mio stesso modo, tutti attenti ai dettagli e all'aggiunta di ogni minima porzione
E invece più mi guardo attorno e più che le persone se ne fregano, prendendo ciò con estrema leggerezza.
Molti mi hanno ripetuto che posso mangiare, al di là dei miei genitori che ascolto a tratti, c'è stata dapprima la mia amica, compagna in un primo periodo ospedaliero (quando ero ricoverata in medicina), malata di tumore.
Lei non poteva mangiare certi cibi a causa dei medicinali, del suo organismo a puttane, ma io potevo farlo.
E lei me lo disse, con la voce ferma e un tono da mamma, "Tu puoi mangiare tutto!!"
Complimenti per l'esame, sei sempre così brava, così "perfetta".
So' che la ricerca delle perfezione non è poi così giusta, la teoria del "tutto o niente" può far male, e dovresti saper accettare maggiormente le vie di mezzo.. ma insomma, bravissima comunque.
Un abbraccio!
Anche io mi stupisco del fatto che gli altri non riservino al cibo e alla linea le stesse attenzioni che vi riservo io. Anni di dca mi hanno erroneamente convinta che tutto il mondo non faccia altro che guardare nel piatto degli altri, giudicare l'ampiezza del sedere degli altri, biasimare chi mangia in eccesso, come faccio io, e invece la verità è che la maggior parte delle persone mangia senza paranoie, tanto se ha voglia di mangiare tanto, poco se non ha fame, e se ne frega. Per la maggior parte delle persone il cibo è una gioia, non un'ossessione. E io voglio davvero diventare parte di quella fetta di popolazione che nella pasta vede un nutrimento e non un nemico.
EliminaUn abbraccio!
Grazie delle tue parole stella :*
RispondiEliminaFigurati, cerco di fare del mio meglio per trovare anche qualche parola confortante, ogni tanto, io che sono sempre così cupa e pessimista.
EliminaUn bacio!
...che peccato non godere della mediocrità...
RispondiEliminaè lì che si annida il futile, l'inutile, il tergiversabile, il "rosa" della vita.
ci diamo tanto da fare per affermare la nostra unicità, la totale vittoria dell'intelletto e del successo, e ci perdiamo le cose belle.
spero tu possa applicare un po' di sana fuffa alla tua esistenza
Hai ragione e lo diceva anche Orazio, godendosi la pace della campagna e la compagnia degli amici, che nella vita bisogna ambire all'aurea mediocritas, che tutto il meglio sta nel mezzo, che non c'è gusto nel fallimento, ma neppure poi tanto nella ricerca sfrenata del successo ad ogni costo. Eppure io non ce la faccio. Ci provo, penso di riuscirci, e poi invece mi scontro con la dura realtà e mi rivelo per l'eterna insoddisfatta che sono.
EliminaUn bacio!
Grazie per il tuo commento nel mio blog (sognandounpuntino)!!
RispondiEliminaNe ho aperto un altro perchè non so, wordpress mi ispira e mi sembra più personalizzabile :D passa di qui se ti va :D (https://mipiacerebbeaprireunblog.wordpress.com/)
Intanto complimenti per il super voto che hai preso al tuo esame.. io neanche dopo mesi e mesi riuscivo a prendere un voto così xD
Il futuro fa proprio paura, come scrivevi anche tu..ma sono sicura che qualsiasi scelta farai (master, lavoro o dottorato) sarà quella giusta per te ;)
E ricordati sempre che il cibo è una delle gioie della vita .. noi ragazze POSSIAMO e DOBBIAMO mangiare senza sentirci in colpa :)
Hai ragione, ma io non riesco a pensare al cibo come ad una gioia. Semmai come ad un connubio di gioia e dolore, perché a me piace mangiare, assaggiare cose nuove, uscire a cena con gli amici, ma è sempre come se a tot di gioia data dal cibo corrispondesse una dose necessaria di dolore dovuto all'inevitabile ripensamento. Mangio e poi mi pento. Non mangio e mi pento. É davvero un incubo! ;)
EliminaUn bacio, passerò a trovarti su wordpress!
Devo dire che non mi è mai capitato di provare quello che provi te, ma posso solo immaginare quello che provi, e non deve essere facile!!
EliminaSono sicura che un giorno cambierai, e quando penserai al cibo penserai ad esso solo come ad una gioia, te lo auguro di cuore :)
Non solo puoi mangiare... ma te lo meriti pure!!! Un abbraccio!
RispondiEliminaParlando con mia cugina, una delle poche persone della mia famiglia con cui riesca a parlare abbastanza tranquillamente di queste cose (peccato che abiti a 5000km di distanza da me) mi ha detto "you think you deserve all this pain, but you don't" ed ha ragione. Davvero, noi ci condanniamo ad una sofferenza che alla fine pensiamo di meritare, pensiamo che sia normale, ma l'unico ostacolo sulla strada per stare meglio siamo noi stesse.
EliminaUn bacio!
Se guardi a destra nel mio blog, ho un'immagine con scritta proprio quella frase :) quando l'ho letta per la prima volta, sono rimasta a bocca aperta. E' un concetto incredibilmente banale ai più, ma non per noi. Cerchiamo di ricordarcelo!
EliminaE' davvero un'illuminazione per noi, quanto ti capisco. Servono gli altri per ricordarci che anche noi possiamo mangiare. E' la stessa cosa che è successa a me, quando ero a Bologna con mia cugina, lei mi ha detto:Hai il DIRITTO di nutrirti come gli altri.
RispondiEliminaA me ha fatto il tuo stesso effetto, come se non fosse una cosa scontata.
Ti capisco perfettamente quando hai descritto la scena dei pizzoccheri, è impensabile per noi fare il bis per gola, perché POSSIAMO COME GLI ALTRI.
E quando lo fanno gli altri allora noi pensiamo che in fondo non siamo delle ingorde, perché gli altri sono al tris, e ci sembra così strano... Come fanno loro ad avere quella naturalità? Spesso mi dimentico anch'io che il mondo continua a girare se mangio quella briciola in più!
Ma è proprio di questa illuminazione che abbiamo bisogno, noi da sole non ce ne rendiamo conto.
Chissà se il tuo amico non ti avesse detto quella frase se te ne saresti mai resa conto!
Bravissima per l'esame! Voglio farti i complimenti anche per quello, e non immagino il fastidio di essere svegliata.
Anche tu sei una "birra rossa" Euridice, quando fai una cosa ci metti TUTTA te stessa, quando fai una cosa non accetti mezze misure, la fai troppo.
Ti abbraccio :*
Esatto, niente mezze misure. In tutto: nello studio, nel lavoro, nelle relazioni. Se decido che devo dare un esame, lo faccio per prendere il massimo. Se accetto un incarico do tutta me stessa. Se decido di essere amica di una persona non mi risparmio mai, a costo di prendermi continue fregature. Io ci sono sempre per gli altri, anche per quelli che sospetto non ci sarebbero per me, io sono quella che prende la macchina e fa cinquanta chilometri per andare a consolare l'amica dal cuore infranto, che prende un treno all'alba e piomba a Firenze per fare una sorpresa ad un'amica che lavora lì, che sta sveglia tutta la notte per scrivere il biglietto di auguri perfetto, che spadella tutta la sera per consolare un amico in difficoltà. Forse dovrei fare di meno per gli altri, così non rimarrei delusa aspettandomi che gli altri facciano lo stesso per me, ma non ce la faccio...sarò una birra rossa anche io! :D
EliminaUn abbraccio, cara!
Sai Euridice, in fondo ha un po' ragione Patalice.
RispondiEliminaNon so come tu riesca a fare tutto quello che fai, a stare dietro a tutto, riuscendo anche brillantemente!
In parte questo post dovrebbe segnare il cammino.. mangia tu che puoi!
E fai tutto quello che ti senti di fare, senza chiederti troppo, perché puoi farlo!
Detto questo: sinceri complimenti per l'esame e per la discussione della tesi in avvicinamento! Sei una forza!
Sono più che certa che lei abbia ragione, io odio questo aspetto del mio carattere che mi condanna all'eterna insoddisfazione, mi sembra di non essere mai paga, cerco sempre di più, voglio sempre di più. È stato così anche per il peso, che non era mai abbastanza basso. Non accetto di non riuscire ad avere il massimo, piuttosto nulla. E so che è davvero una caparbietà cieca, ma non so come "guarire".
EliminaUn bacio!
Quanto ti capisco, cara. Quanto comprendo la tua voglia estrema di perfezione, l'eterna insoddisfazione -perché sappiamo bene, in fin dei conti, che la perfezione non esiste- sentirsi sempre perennemente sbagliate perché non abbiamo secondo noi raggiunto il massimo.
RispondiEliminaCredo di avertelo detto già, vorrei che tu potessi vederti con occhi altrui, e sentiresti quanta sincera ammirazione provano gli altri per te.
Ti mando un abbraccio fortissimo!
Noi possiamo mangiare, dobbiamo solo imparare a farlo per nutrirci e non per sfogare le nostre emozioni.
RispondiEliminaDovremmo capire che il cibo non è una valvola di sfogo, una valvola di sfogo è una corsa, cantare una canzone a squarciagola...
Ci si sfoga facendo altro..
E' una delle cose che sto cercando di imparare.
Complimenti per l'esame!
RispondiEliminaLa frase che il tuo amico ha detto a me ha completamente cambiato la vita, tre anni fa,perché quando me lo ha detto la dietista (quando mi hanno ricoverata ) quel "tu puoi mangiare" mi ha aperto il mondo delle abbuffate.
Sembra incredibile ma per tre anni interi io non avevo mai,mai mangiato due volte la pasta.
Piuttosto mi facevo un piattino un po più abbondante, ma un bis era impensabile per me.
Niente merendine,niente FUORI PASTO, non esisteva alle tre di pomeriggio che io pensassi "che fame,mangio anche se sono le tre!".
Non POTEVO.
Ma era banale per me, era banale NON prendere il gelato con gli altri, NON ORDINARE il dolce come gli altri, NON mangiare la pizza come tutti.
Era così ovvio!
Non mi era MAI passato per l'anticamera del cervello il fatto che io potessi.
Poi la dietista me l'ha detto, lei mi ha detto DEVI METTERE SU PRESO.
Devi mangiare.
Mangiare? Mangiare cosa?
Sono tornata a casa diversa.
Seguivo la dieta che mi avevano dato è piano piano ho realizzato che pasta a pranzo con secondo di carne io potevo mangiarla.
Potevo!
Avevo una bocca, due mani, nessuna intolleranza, non ero sovrappeso, anzi, nessuna allergia, nessun tumore.
Potevo veramente mangiare 100 grammi di pane a cena.
Allora un giorno ho preso il barattolo di nutella bianca in cucina chiedendomi se avrei potuto assaggiarla, e poi l'ho finita.
Potevo veramente finirla!
Non mi sembrava vero.
Ho iniziato ad abbuffarmi e vomitare, potevo mangiare ma non potevo ingrassare.
Invece è ovviamente accaduto, non è che vomitare dopo aver mangiato 6000 calorie in un pomeriggio risolva tutti i problemi di peso, insomma.
Ora vorrei imparare ad accettare che posso mangiare, ma senza abbuffarmi.
Questa sarebbe una vittoria Immensa.
Mi sono accorta con sorpresa (-.-) che ho parlato solo di me!
EliminaScusa! Un abbraccio:*
Per quanto riguarda l'esame sono d'accordo con te..le cose o si fanno bene o non si fanno.
RispondiEliminaPer il resto..siamo noi i peggiori nemici di noi stessi. Sempre. Quando sembra di avere il mondo avverso in realtà siamo in lotta con noi stessi. È un orribile processo di de-responsabilizzazione da cui è molto, molto difficile venir fuori.
Il modo in cui hai descritto quello che ti è successo in montagna, e le tue riflessioni, mi sono piaciuti tantissimo. Non perchè siano cose belle, o brutte. Ma hai descritto così bene come ci si sente. Tutte le numerose dinamiche sotterranee a quella che dovrebbe essere una semplice cena fra coetanei..mi ritrovo molto nella realtà di cui parli. E hai ragione.
L'unica persona a cui dobbiamo rendere conto siamo noi
Sono delle parole bellissime le tue. E' una realizzazione del sé, del tuo essere. Essere donna, persona, essere tutto te stessa ed essere verità, e scoprirti in grado di mangiare, e quindi di amare di vivere, in grado di far girare tu stessa il mondo intorno a te. Hai una sensibilità unica. Un saluto. Lola.
RispondiElimina