Settimana scorsa mi è successa una cosa strana. Ho mangiato uno yogurt per colazione - e non è questa la cosa strana: mi sto sforzando di fare sempre colazione anche quando non ne ho voglia - e non ho pranzato - neppure questa è la cosa strana, purtroppo - e meditavo di non cenare neppure, approfittando del fatto che il mio fidanzato tornasse a casa tardi e potevo dirgli di avere già mangiato, ma appena uscita da lezione ho cominciato a pensare insistentemente al fatto che DOVEVO mangiare qualcosa. Mi sono avviata in centro con alcuni compagni con una scusa e poi ho camminato senza meta per quasi un'ora per cercare di decidere cosa mangiare, come sfogare questo bisogno disperato, e infine mi sono decisa per le patatine fritte olandesi, quelle da mangiare nel cono con le salse.
Avevo l'acquolina in bocca al solo pensiero ma, allo stesso tempo, mi vergognavo come una ladra ad entrare nel negozio in pieno centro, frequentato principalmente da ragazzi, con la mia borsa del computer, il cappotto, i mocassini, e ordinare un cono di patatine piccole con la salsa tartara o la salsa andalusa. Ho tentennato un po' all'ingresso, poi mi sono fatta coraggio e sono entrata dopo una coppia. Hanno preso un cono medio da dividere, ma sicuramente la ragazza avrebbe soltanto assaggiato qualche patatina senza salsa e lui avrebbe mangiato il resto. Però, insomma, almeno non ero l'unica donna nel locale. Ho anche simulato una conversazione telefonica con un ipotetico destinatario delle patatine, come a dire "queste schifezze non sono per me, sto solo facendo un piacere ad un amico pigro" e ho persino millantato un momento di incertezza nella scelta della salsa - "cos'è che mi aveva detto? Uhm, mi sembra tartara."
Una volta ottenute le mie patatine mi sono defilata in una strada secondaria, sperando di incrociare meno persone possibile. Ho anche pensato di nascondermi dietro un muretto per finire il mio cono in assoluta solitudine ma poi ho preferito camminare, perché mi dava l'illusione di riuscire a smaltirle mentre le mangiavo.
Ed è mentre camminavo che è successa la cosa strana di cui vi parlavo. Anzi, le cose strane, perché sono state ben due.
La prima. Ad un certo punto ho sentito i passi alle mie spalle farsi più rapidi e vicini, finché un uomo sulla trentina, in abiti da ufficio, mi ha affiancata. "Sei tu che profumi di patatine, allora! Ti seguo da cento metri e continuo a sentire questo profumo, ma non riuscivo a capire da quale negozio arrivasse. Che fame!" Mi ha sorpreso che abbia detto "profumo di patatine" per indicare quella che io avrei chiamato "puzza di fritto" e mi ha fatto sorridere il modo in cui, dopo un rapido scambio di battute sulle patatine e sulla sua cena ormai prossima, mi ha salutata dicendo "che bello vedere una donna elegante che mangia le patatine fritte! Hai dato un senso al mio ritorno a casa".
La seconda. Mentre stavo finendo le mie patatine e intanto tornavo verso strade più popolate ho incrociato una donna con cappotto, borsa elegante e scarpe col tacco, che aveva in mano il mio stesso cono. Ci siamo scambiate uno sguardo d'intesa, mi ha sorriso, ha sollevato il cono come a simulare un brindisi. "Dopo una giornata di lavoro ci meritiamo un piccolo vizio" ha detto, e ha strizzato l'occhio.
Profumo di patatine. Un "piccolo" vizio.
Quando ho incrociato il mio riflesso in una vetrina non ci ho visto una donna elegante che mangiava le patatine ma una ragazza sovrappeso che si ingozzava goffamente. Per me un cono di patatine fritte mangiate da sola alle sette di sera in una strada affollata non è un piccolo vizio. È una follia. Un gesto inconsulto e malato. Una mossa da bulimica disperata o da binge eater incallita.
Ma cosa vedono gli altri? Ammesso che ci vedano, perché forse la maggior parte di loro non fa neppure caso al fatto che tu stia mangiando, o a cosa. Ho sentito chiaramente un tipo dire ad un altro, vedendomi armeggiare con le bacchettine di legno nel cono, che anche lui aveva voglia di noodles. Potevo stare mangiando qualsiasi cosa, o non stare mangiando affatto, la maggior parte delle persone normali non ci fa caso.
O, se ci fa caso, non è perché pensa che tu sia disgustosa, sporca e volgare come ti senti mentre ingoi quelle calorie ingiustificate, ma perché ha fame come te o, come te, si è appena concesso uno sfizio. Le patatine da passeggio per la maggior parte delle persone sono uno sfizio da concedersi, non un peccato da non commettere.
Quanta gente mangia senza pudore sui mezzi pubblici, nei negozi, nei chiostri dell'Università? Lo fa con la naturalezza di chi sta facendo una cosa assolutamente permessa in pubblico, mentre io mi sento come se mi stessi masturbando, o stessi facendo la pipì sul marciapiede o mi stessi infilando le dita nel naso. Non riesco a convincermi del fatto che mangiare in pubblico da soli sia un'attività socialmente accettata, per me rimane un tabù.
Se sono costretta a mangiare da sola in mezzo alla gente - come ieri che dovevo lavorare in fiera dalle due alle nove e non avrei avuto tempo di mangiare dopo, così ho dovuto farlo nel tragitto dall'università alla fiera - cerco di farlo il più in fretta possibile, senza alzare gli occhi dal cibo per non incrociare quelli (che io sono sicura siano) accusatori della gente che mi circonda, ingozzandomi fino a sentire l'esofago bruciare e lo stomaco tirare, non vedendo l'ora di poter buttare eventuali sacchetti, tovaglioli, piatti e tutto ciò che denuncia la mia colpa.
Per me mangiare in pubblico è quasi come camminare nuda tra la folla, mi vergogno e mi sento in colpa come se stessi facendo qualcosa di terribile e che, allo stesso tempo, mi rende vulnerabile, e voi che rapporto avete col mangiare (da sole) in pubblico?
Buon weekend, vi auguro che sia piacevole e rilassante come lo auguro a me stessa!