Peso: 68,6 kg
Ragazze, ho bisogno di un
vostro parere da “esperte” e di qualche consiglio per gestire una situazione
che mi sta procurando molta preoccupazione. Vi spiego la faccenda in breve.
C’è questa ragazza che conosco
da poco più di un anno (ci siamo ritrovate in corso assieme all’università e
avevamo molte lezioni in comune) ma abbiamo fin da subito avuto modo di aprirci
su temi parecchio intimi. Mi ha raccontato di essere stata anche lei anoressica
al liceo, di essere ancora in terapia ma mi ha detto che stava molto meglio e
non aveva avuto “ricadute” negli ultimi anni, a parte qualche difficoltà a
mangiare ‘normalmente’ nei periodi di particolare stress.
In questi anni ho constatato
che un sostrato di malattia comune accelera moltissimo le naturali dinamiche
del “fare amicizia” e così nel giro di qualche mese siamo diventate piuttosto
amiche: pranzavamo insieme all’università, ci sentivamo quasi tutti i giorni e
lei si è unita al gruppo di amici, compagni di corso e non, con cui esco di
solito e abbiamo passato insieme alcuni venerdì o sabati sera.
Certo, molto spesso lei
declinava gli inviti con delle motivazioni che avevano tutta l’aria d’essere
delle scuse. Tirava in ballo la zia da accompagnare all’aeroporto, la cuginetta
malata, il compleanno della nonna…insomma, non che non abbia mai avuto a che
fare con scuse simili (la mia amica ex anoressica bidonava le uscite del sabato
sera dicendo che doveva appendere quadri in garage, tanto per dirvi) e non che
non ne abbia mai prodotte io stessa (le mie preferite erano i compleanni di
amici dei miei e pizzate di classe con i compagni delle medie) quindi ormai riconosco
le bugie, soprattutto perché avevano uno schema fisso: dopo l’iniziale
entusiasmo per qualsiasi proposta, nelle ore immediatamente precedenti all’uscita
smetteva di farsi sentire per poi avvertirci all’ultimo secondo che c’era stato
qualche contrattempo.
Dopo un po’ i miei amici hanno
perso interesse nell’invitarla, dicevano che tanto era inutile e non sarebbe
venuta comunque. Io però ho continuato a scriverle e a tentare di coinvolgerla
nelle nostre serate perché volevo che si sentisse importante, volevo che
sapesse che noi avevamo piacere ad averla con noi e che non si sentisse abbandonata.
Ricordo, infatti, la solitudine soffocante del periodo più scuro della mia
malattia, quando mi chiudevo in camera con i miei libri e non volevo saperne
del mondo, ma ricordo anche la flebile soddisfazione, la sensazione di pallida
gioia che provavo quando riaccendevo il cellulare e trovavo chiamate e messaggi
da parte degli amici. Se mi avessero mollata allora, se mi fossi sentita
totalmente isolata, forse non avrei avuto la forza di uscirne.
Per questo ho perseverato
nella mia scelta, convincendo anche gli altri a fare altrettanto, spiegando
loro che si trattava di farla sentire accolta, ma non compatita, e di
ricordarle che per noi la sua presenza è importante.
Da agosto a metà ottobre è
totalmente scomparsa. Non era mai puntuale nelle risposte ai messaggi ma di
solito dopo qualche giorno si faceva sentire, anche solo per un “tutto bene, e
tu?”, mentre in quei due mesi non abbiamo avuto alcuna notizia da lei. Poi è
ricomparsa, ci siamo viste (da sole) e mi ha raccontato di aver passato un
periodo di profonda crisi, di essere stata molto depressa e di aver deciso di
abbandonare momentaneamente l’università, magari per prendersi qualche mese per
andare in un paese straniero nel quale sia costretta ad uscire di casa anche
solo per fare la spesa. Dopodichè è ripiombata nell’oscurità.
Sono molto preoccupata: i
lunghi silenzi sono sempre forieri di sventure e ho paura che possa essere di
nuovo in crisi, tuttavia non so come comportarmi. I miei amici vorrebbero
andare da lei per farle una “sorpresa” ma non sono sicura che la prenderebbe
bene, ho paura che possa vederla come un’intromissione nella sua privacy, un’aggressione
al suo rifugio sicuro. Insomma, io vorrei che lei capisse che siamo preoccupati
per lei e che siamo disposti ad aiutarla ma senza sentirsi messa alle strette.
Voi cosa fareste?
Tra l’altro nutro i miei dubbi
anche sui suoi progetti futuri: che per lei lo studio sia diventato una ‘scusa’
per chiudersi in casa e non vedere nessuno è vero, ma seguire i corsi all’università
la obbligava ad uscire e a passare qualche ora spensierata, mentre adesso, in
attesa della partenza, è sempre a casa da sola. La partenza stessa, a mio
parere, se non vissuta con il giusto mood può essere controproducente: le è
stata suggerita dalla psicologa e l’idea è stata avvallata dai suoi genitori ma
io ho la sensazione che lei si sia adeguata più per fare un favore a loro che perché
creda nella portata terapeutica di una soluzione simile. E se lei non ci crede
non può guarire, né qui né da nessun’altra parte. Del resto, come dice Seneca, è l’animo che devi mutare, non il cielo.
Insomma, secondo voi cosa
dovrei fare? Accettare la proposta dei miei amici e presentarci tutti in massa
a casa sua? Optare per una soluzione di compromesso, ad esempio andando io da
sola per sondare il terreno rischiando così di offendere i miei amici che si
sentirebbero in qualche modo tacciati come insensibili per non essere stati
presi in considerazione nella “missione”? oppure aspettare che sia lei a
tendere la mano verso di noi continuando nel frattempo a scriverle/chiamarla
per dimostrarle il nostro appoggio e il nostro affetto ma in maniera più soft?
Pensate alle vostre esperienze
passate e presenti e a cosa avreste voluto che i vostri amici facessero e non
hanno fatto, oppure a quello che hanno fatto e che non avreste voluto affatto
che facessero! Ho molto bisogno di consigli,
poi vi racconterò la mia esperienza personale in merito (non voglio
influenzarvi troppo prima di conoscere il vostro parere), un bacio a tutte e
buon weekend!