martedì 12 maggio 2015

l'unico pericolo che sento veramente è quello di non riuscire più a sentire niente

Peso: 62,7 kg

Tra tre giorni parto e non ho raggiunto l'obiettivo che mi ero prefissata. Volevo pesare 61kg per la mia prima apparizione al mare e invece ne peso 62 e passa. Poco male, potreste (a ragione!) osservare voi. È solo un chilo, chi è che fa caso ad un chilo in più o in meno? Io, ovviamente. Soprattutto se questo non-risultato è l'esito di due settimane di protratta ed involontaria restrizione. 
Non ho più fame. Peggio, non sento più il sapore dei cibi. È una sensazione che già provavo, quella di non riuscire a distinguere il gusto di ciò che metto in bocca, come se le mie papille gustative fossero anestetizzate, ma solo quando mangiavo da sola. Non è stato sempre così, ovviamente, ma ormai andava avanti da un annetto e ci avevo fatto l'abitudine, avevo cominciato persino a pensare che fosse un ottimo antidoto contro il pericolo delle abbuffate: che senso avrebbe sfondarsi di focaccia e gelato quando per me hanno lo stesso sapore dei cavoli bolliti e del primosale?
Avevo raggiunto, insomma, una sorta di equilibrio: approfittavo dei pasti da sola per mangiare cose ipocaloriche e scondite e mi conservavo gli sfizi per pranzi e cene in compagnia. Un buon compromesso che mi ha consentito di perdere più di dieci chili in maniera sana e controllata.
Ora, invece, questa incapacità di sentire il gusto dei cibi - che ha anche un nome tecnico, si chiama ageusia - si è estesa anche alle situazioni in cui prima ero immune. Tutto ciò che assaggio ha un sapore indistinto che assomiglia a quello del riso che è rimasto troppo tempo in un tupperware: un misto di plastica e colla, e mi sembra tutto freddo, anche se è appena stato tolto dal fuoco.
Il cibo, mia croce e delizia, ha perso la sua attrattiva. Mangio meccanicamente, solo perché devo mangiare. So che devo stare attenta a non farmi fregare: è fin troppo facile reagire all'ageusia smettendo di mangiare, è praticamente inevitabile - se non mi dà alcun piacere, se, anzi, non provo altro che un leggero fastidio, perché mangiare? Per di più mi sento subito piena, bastano un paio di cucchiai di yogurt o una fetta di prosciutto, e sono già sazia. Potrei cogliere la palla al balzo, dice una voce in fondo alla mia testa, e digiunare fino a venerdì. Che saranno mai, un paio di giorni a bere solo caffè? Anni fa andavo avanti per settimane con questa "dieta": un caffè a colazione, uno a metà mattina, uno per pranzo, due a metà pomeriggio e qualche cucchiaino di Philadelphia a cena. E perdevo mezzo chilo al giorno, ogni giorno. Potrei perdere questo chilo odioso in due giorni, è un calcolo così semplice.
Ma non posso cedere a quella voce, se scendo a compromessi oggi come farò a resisterle domani? Se salto il pranzo un giorno posso saltarlo di nuovo, e poi ancora, e ancora.
Così ieri, nonostante avessi detto a mia mamma di non aspettarmi per pranzo, ché sarei rimasta tutto il giorno in biblioteca a studiare con I., sono tornata a casa all'una e mezza, perché avevo bisogno di essere costretta a mangiare. Ad aspettarmi c'era un piatto di insalata di riso, l'ho diviso in due porzioni quasi identiche e ho mangiato la più piccola delle due. Non sapeva di nulla, nonostante ci avessi messo un cucchiaino di maionese - quanto mi piace(va) la maionese! Soprattutto quella fatta a mano, la nonna del mio fidanzato fa un'insalata russa divina con la maionese fatta in casa - ma ho mangiato la mia porzione di riso e ho messo a tacere la voce insistente che mi ricordava che erano tutte "calorie inutili", come sono solita definire le calorie mangiate controvoglia.
Ho paura. Ho paura di precipitare in un vortice dal quale sono già uscita a fatica più di una volta. Mi sento impotente, come se io non avessi alcun ruolo in questo spettacolo e fossi costretta a guardarmi agire, senza riuscire a salvarmi da me stessa. Eppure è un copione che conosco a memoria: il cibo è come un caro amico con cui hai passato tante serate che all'improvviso non si fa più sentire, sulle prime tu lo cerchi ancora, vorresti recuperare il bel rapporto che c'era tra voi, ma dopo un po' ti abitui a farne a meno, la tua vita continua anche senza di lui, finisci per dimenticarti quanto fosse bello trascorrere tanto tempo insieme, ti illudi addirittura che avevi sopravvalutato la sua importanza e che in fondo rientrare nella 38 è l'unica cosa che conta davvero. 
Vi capita mai di avere questa sensazione? Come se steste guardando un film di cui conoscete già il finale e vorreste mettere in pausa perché quel finale non vi piace, ma allo stesso tempo provate una sorta di gioia perversa nel rivederlo, perché sapete esattamente tutto ciò che succederà e potete prevederlo con millimetrica precisione?
Ecco, io mi sento così. Vacillo su un punto-di-non-ritorno che ho più volte attraversato in passato e tentenno, incerta sul da farsi. Da una parte provo a trattenermi, ma l'istinto mi dice di provare. Un'ultima volta, dai, solo per vedere se sono ancora in grado di provare certe sensazioni o se sono davvero guarita. Posso fare una prova: se sono guarita digiunare non mi provocherà alcuna soddisfazione, e potrò smettere subito.
Ma poi ci ripenso. A me non importa (più) nulla di vedere le ossa bucarmi la pelle, né di andare a letto con i crampi allo stomaco per la fame. Lo giuro, non è per questo che sono andata dalla nutrizionista, non è per questo che le ho chiesto di insegnarmi a mangiare il giusto. Oggi tra l'altro avevo appuntamento da lei, mi ha ritoccato la dieta, mi ha ricordato di mangiare proteine prima di fare sport, e abbiamo stabilito di fare la bioimpendenziometria prima di luglio, per vedere quanti chili posso perdere ancora senza arrivare a bruciare il muscolo anziché il grasso. 
Le ho detto che in questo periodo non ho mai fame e lei mi ha rassicurata dicendomi che potrebbe essere il caldo. Vorrei che fosse il caldo, vorrei essere sicura che basteranno questi quattro giorni via, in uno dei miei luoghi del cuore, con i pistacchi e i tramonti sul mare, a ridarmi la sensibilità che ho perso. Perché non m'importa nient'altro, l'unico pericolo che sento veramente è quello di non riuscire più a sentire niente.

11 commenti:

  1. Non avevo mai sentito parlare di ageusia. Non sapevo esistesse come malattia. Ho controllato su Internet (ebbene sì, ho una minima fobia per le malattia, devo sapere sempre tutto e vedere se c'è l' ho anche io) e c è scritto (non so se è vero, perdona l'ignoranza) che può essere causata da ipotiroidismo. Rientrerebbe nel tuo caso.
    Con questo non è che si risolve il problema... Ma ne hai parlato con un medico? La sola idea di non riuscire a sentire il sapore dei cibi mi spaventa. Non voglio a tua volta spaventarti, però la penso come una brutta sensazione. E qui di brutte sensazioni ne abbiamo già fin troppe.

    La tua frase, il titolo è il finale del post, mi è sempre piaciuta. L' ho interpretata differentemente a te, applicandola alla mia vita.
    Quando ero in depressione non riuscivo più a sentire niente, nessuna emozione, mi sentivo completamente apatica, piangevo ogni momento ma non ero triste. Non sentivo più la gioia di uscire, di truccarmi, di cantare, di usare assieme, di fare una passeggiata, di sorridere, di mangiarmi qualcosa di buono, di accarezzare la mia cagnolina.. Niente di niente.
    Mentre sentivo questa canzone mi ripetevo la frase, con l'angoscia e la rassegnazione tipica di colei che aveva capito: non sentivo più nulla.

    Per fortuna tutto, o quasi, passa. Per fortuna è possibile riacquisire i nostri sensi, rimetterli in moto, riassaggiando la vita.

    Euridice, non hai raggiunto il tuo obiettivo, posso capire la frustrazione. Ma sei arrivata a buon punto. Cerca di vedere il bene che c è in tale tua sfida. Ti darà la carica per affrontare le vacanze, per godertele.
    Buon viaggio, buon tutto.
    Un bacione!

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    1. Non ne ho parlato con nessun medico perché non credevo che potesse essere correlato all'ipotiroidismo, anche perché non è la prima volta che mi capita. Per diversi mesi, quando ero scesa a sfiorare i quaranta chili, e anche dopo, quando ho ricominciato a mangiare, non sentivo il sapore di nulla. Ricordo che, alla mia festa dei diciotto anni, non ho mangiato la torta perché avevo assaggiato un'oliva ascolana che sapeva di plastica e mi aveva disgustato troppo. Quindi, boh, ho sempre pensato che fosse uno dei sintomi psicosomatici dei quali a più riprese ho sofferto e soffro. Quella volta non so neppure come sia finita, se da un giorno all'altro i cibi abbiano riacquistato i loro sapori o se sia stato graduale, ma spero che anche questa volta non sia una fase duratura. Ovviamente nella mia ipocondria una volta avevo cercato l'agenzia su google scoprendo che può essere un sintomo di tumori cerebrali! Dopodiché non ho più cercato!

      Comunque anche io di solito interpreto quella frase come riferita ad altro tipo di sensazioni, meno "fisiche", però mi sembrava che cogliesse bene anche questo aspetto.
      Un bacio!

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  2. Ciao..ti ripeterei quello che ti ho scritto per messaggio...
    per cui mi limito a dirti che coincidenza vuole che io stia ascoltando quella canzone da tre giorni, con un'altra frase in testa, però: "un cartello di sei metri dice tutto intorno a te, ma ti guardi intorno e invece non c'è niente"...
    sai che ti capisco... Ho provato quella sensazione, ed è stato terribile. Forse peggio di abbuffarmi. Mangiare per forza, meccanicamente, controvoglia... Ti sono vicina.. Sappi che qualsiasi cosa, io sono qui. Non lasciarti precipitare...

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    1. Sybil, carissima, grazie per il tuo sostegno. Mi ha aiutato molto sfogarmi con te l'altra sera, so che c'è poco da essere contenti e non sono una gran sostenitrice del mal comune mezzo gaudio ma sapere che c'è qualcuno che può capire davvero quello che provo e che, addirittura, prova le stesse sensazioni, è davvero confortante.
      Ti abbraccio forte!

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  3. Vorrei anch'io non sentire niente... purtroppo sento sollievo mentre mangio. Sento sollievo dalle mie tristezze. Ed è per questo che per me così difficile smettere.

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    1. A me non è mai capitato di abbuffarmi non sentendo il sapore dei cibi, però mi è capitato, tanti anni fa, di abbuffarmi di cose che non mi piacevano e non mi piacciono tuttora, solo per il gusto di mangiare, di riempire un vuoto dentro che sentivo sempre più grande, quindi non credo neppure che l'antidoto alle abbuffate sia non sentire il gusto delle cose, il meccanismo dell'abbuffata funziona anche se non godiamo della bontà di ciò che mangiamo, secondo me. Però immagino che possa in parte aiutare. Io per esempio non mi abbuffo più da quando non riesco a mangiare da sola (ovviamente, visto che non mi abbufferei mai in compagnia) e le ultime grandi abbuffate erano state programmate con cibi che amavo molto. Però non ti auguro lo stesso di provare questa brutta sensazione!
      Un bacio!

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  4. Parti, goditi questa vacanza e cerca di divertirti... non pensare al cibo o alle calorie (pare facile lo so).

    Hai paura ma neanche ti accorgi di come sei forte, sei tornata a casa per mangiare perchè sapevi che altrimenti non l'avresti fatto! Hai fatto la cosa giusta, hai ragionato e non ti sei lasciata trasportare alle sensazioni cattive che provi! Sei stata bravissima... sono fiera di te (nn è di grande conforto lo ammetto ;))

    Sarebbe facile tornare ai vecchi meccanismi ma tu stai lottando per non farli riemergere... non avere paura di quello che sarà, magari ha ragione la tua dottoressa, è solo un periodo legato anche alla stagione... personalmente la primavera mi distrugge sempre...

    Insomam quello che voglio dirti è non preoccuparti, non partire con l'ansia o l'insoddisfazione.. sei intelligente, bella, hai un fidanzato che ti ama, amici che ti amano e una famiglia che ti sta vicino... pensa a questo in questi giorni... magari ti aiuta un pochino...

    Io ci sono!!

    Buon viaggio! Ti abbraccio forte!

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    1. Grazie per le tue belle parole, grazie per avermi ricordato che sono stata forte a non cedere alla tentazione di digiunare, ogni tanto purtroppo me lo dimentico. Spero che questa lucidità, alla quale mi aggrappo così stretta, non mi abbandoni mai più, che non si tramuti mai più nella costanza con cui rifiutavo il cibo e mi convincevo fosse la cosa giusta è migliore da fare.
      Grazie davvero per il tuo sostegno, un abbraccio!

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  5. col vuoto prima o poi tutti siamo costretti a fare i conti..chi più chi meno....
    forse tu vuoi rientrare nel circolo'digiuno-decido io'....per crearti un'ossessione...un pensiero fisso su cui concentrarti e che ti possa distrarre dal vuoto....che senti in maniera disturbante e io so che vuol dire......
    ma finora hai resistito...resisti ancora.....
    come ci si abitua alle ossessioni ci si abitua anche al vuoto...
    anche se tutto ciò è molto infelice...


    un bacio

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    1. Non so se il digiuno sia un tentativo di risposta al vuoto, anche perché per me forse è sempre stato una ricerca di vuoto. Quando digiunavo amavo anche avere la camera sgombra, la scrivania vuota, doveva essere tutto vuoto come il mio stomaco. Quindi, boh, ho sempre pensato il contrario, che fosse il cibo il tentativo di riempire il vuoto, però ci rifletterò.
      Grazie, un bacio!

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    2. P.S.
      È davvero molto triste, in effetti, pensare di doversi necessariamente abituare al dolore, in una delle sue forme. Forse non dovremmo arrenderci, questa volta.

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