Domani
parto per il mare. Ho allineato sul letto le cose da mettere in valigia: a destra
intimo e costumi, al centro i vestiti per il giorno, a sinistra quelli per la
sera, davanti a tutto le borse e per terra le scarpe, e poi il beauty dei
solari, quello dei trucchi e quello dei prodotti per doccia e capelli. Ho bisogno
di ordine quando parto e ordine vuol dire disporre le magliette, piegate perfettamente,
in rigoroso gradiente cromatico, spuntare voci da una lista compilata sull’agenda,
appiccicare post-it dappertutto per ricordarmi di prendere la tal cosa, di fare
la tal altra.
Adoro
viaggiare, ma ho sempre l’ansia di dimenticare le cose più importanti, ma anche
quelle più inutili. Controllo decine di volte di avere tutto, a volte mi
sveglio di soprassalto convinta di aver dimenticato qualcosa, a volte mi viene
un’illuminazione fulminea e mentre sto facendo tutt’altro corro a recuperare
dall’armadio un vestito che non avevo pensato di portare.
Penso
in anticipo agli abbinamenti, accosto le collane ai vestiti, le borse alle
scarpe, infilo e sfilo decine di gonne, abitini, costumi. Ogni anno c’è una
tendenza diversa. Il 2013 fu l’anno dei vestiti lunghi – mi ero convinta che
mascherassero la mia obesità e avevo comprato zeppe vertiginose per arginare il
mio secondo problema, il fatto di essere una nanetta – il 2014 quello dei
vestiti sagomati stretti in vita e svasati sotto, con la gonna a ruota e magari
una cinturina a sottolineare il punto vita. Quest’anno sono affascinata dai
pantaloni: ampi, a palazzo, ma anche morbidi sui fianchi e più stretti alle
caviglie, da indossare con top che arrivano al filo di dove inizia il
pantalone.
Mi
sono convinta che tentare di camuffare i propri punti deboli (le cosce, nel mio
caso) può avere effetti indesiderati anche gravi. Me ne sono accorta provando
una delle gonne passepartout del mio 2013 e trovandomi terribilmente simile ad
una colonna. Una cariatide, con viso di donna e un blocco di marmo informe al
posto del corpo.
Bocciati
anche i pezzi sotto del bikini con l’elastico. Ammessi solo laccetti
regolabili, perché l’elastico che strizza il grasso farebbe sembrare sovrappeso
persino il manichino di calzedonia, figuratevi l’effetto che fa sui miei fianchi.
Ho eliminato così un gran numero di costumi, ma voglio sentirmi più a mio agio
possibile, pur dovendo indossare un capo che odio.
E
veniamo alle promesse da marinaio che mi faccio (e vi riporto) mentre aspetto
che lo smalto si asciughi sulle unghie dei piedi – sapevate che il colore dell’estate
2015 è il marsala? Me l’ha detto l’estetista mentre mi strappava dolorosamente
i peli dall’incavo del ginocchio. Ho cercato uno smalto color marsala ma la
commessa di Marionnaud me ne ha appioppato uno color corallo perché “fa più
estate” (e perché costava 30 euro e dubito che avrebbe trovato un’altra cretina
al quale venderlo).
Non
mi potrò pesare per dieci giorni (a meno che fortuitamente l’albergo non
disponga di bilance, ma non mi è mai capitato) ma non perderò la calma. Non mi
abbandonerò alla tentazione del tantormai mangiando senza freni né tenterò
disperatamente di restringere saltando sistematicamente il pranzo (non mi piace
mangiare mentre sono al mare perché mi fa schifo l’idea della pancia gonfia
dopo pranzo e perché il caldo mi rende disgustosa la sola idea del cibo, per
non parlare del sale e della sabbia, ma cercherò di mangiare comunque
qualcosa). Non mi farò prendere dal panico se il terzo giorno avrò la pancia
gonfia come da copione e andrò comunque al mare, e mi toglierò lo stesso i
vestiti. Non terrò il muso al mio fidanzato se mi sveglio convinta di essere
ingrassata, sicura di avere i cuscinetti di lardo sotto le scapole e le braccia
grasse e flosce come salamelle lasciate al sole prima di essere grigliate. Non chiederò
di poter vedere le confezioni dei prodotti della colazione con la scusa di
qualche intolleranza vera o presunta ma con la sola intenzione di controllare l’apporto
calorico dello yogurt bianco, mangerò quello che ho voglia di mangiare, senza
calcolarne mentalmente le calorie. Non mi farò rovinare questi nove giorni di
pace e riposo dalle ossessioni che mi condizionano ogni singolo giorno: voglio
arrostirmi al sole pensando solo al sole sulla pelle e non a com’era bello
quando sentivo anche la pelle grattare sul bacino. Io so che non era bello, e
so che non prendevo neppure il sole. Voglio farmi fare delle foto senza pensare che sembrerò una balena spiaggiata e senza cancellarle tutte di nascosto pensando che non l'avrei fatto se fossi stata magra. So che non è così e ne è la conferma il fatto che io non abbia quasi foto (di me stessa) delle estati più magre. Voglio cenare a lume di candela cogliendo solo il lato romantico e non quello calorico della cena.
Vi
lascio con un monito, a tutte voi che state percorrendo la difficile risalita
dal baratro del dca: non idealizzate il periodo della malattia raccontando agli
altri e a voi stesse quanto eravate felici e imbattibili perché voi sapete
benissimo che non è così.
Un
abbraccio a tutte, vi seguirò da lontano!